2015-12-02 12:02:00

Card. Filoni: anche musulmani aprano Porta Santa della misericordia


Una nuova speranza per la pace, il dialogo e la giustizia: Così il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha definito il viaggio di Papa Francesco in Kenya, Uganda e Centrafrica. Ascoltiamo il porporato che ha vissuto questa missione del Pontefice col seguito, in questa intervista di Paul Samasumo:

R. – Questa presenza del Santo Padre ha suscitato una gioia straordinaria in tutti e tre i Paesi che abbiamo visitato. Forse l’entusiasmo nella Repubblica Centrafricana ha colpito di più, perché il Paese attraversa una fase ancora politicamente, socialmente, civilmente e religiosamente instabile. Sono convinto, però, che proprio la presenza del Santo Padre, attraverso questi momenti - la visita ai cristiani e l’apertura della Porta Santa nella cattedrale di Bangui, che è diventato per un momento il centro della cattolicità; la visita agli evangelici, la cui presenza anche è così significativa sotto tanti aspetti; la visita alle comunità musulmane, cioè questo modo gioioso con cui anche i musulmani hanno accolto il Papa - è una pagina straordinaria che aprirà un nuovo capitolo. Io spero che altri non soffino contro la pace che il Papa ha annunziato, contro la pacifica convivenza. Il Papa ha detto una cosa molto significativa: “Non mi piace parlare di tolleranza”. E io dico che anche a me non piace parlare di tolleranza e, dove mi trovo, lo dico sempre. La tolleranza, infatti, indica solamente quasi una concessione di me, che sono maggioranza, verso gli altri che sono minoranza. Non è così, non deve essere così. C’è un diritto alla pace, c’è un diritto alla convivenza, che non deve essere interessata dagli elementi di maggioranza, di minoranza, religiosi o non religiosi, perché – come il Papa ha detto – dal punto di vista proprio esistenziale, religioso, tutti siamo figli di Dio. Ma se anche non vogliamo credere a questo: siamo tutti figli della stessa Terra, siamo tutti figli di questa stessa realtà. Perché non possiamo camminare e vivere assieme? Ecco, non più tolleranza, che forse è il primo gradino per non fare guerre, violenze e così via, ma diritto di tutti di vivere, di lavorare, di stare insieme, il diritto di tutti di convivere nella pace, professando ognuno il bene, facendo del bene professando la propria fede, nella semplicità e nella testimonianza reciproca. Sia i cristiani che i musulmani possono dare la loro testimonianza di fede. Io trovo sempre bello, lo ripeto – come il Papa anche ha potuto vedere qui, ma anche in tante altre parti dove i cristiani sono minoranza - come nelle nostre scuole cattoliche non facciamo differenza di religione. E devo dire che tante volte sono proprio i leader musulmani che dicono: “Noi siamo ex alunni di scuole cristiane”. Ora, se questo è possibile già in tante parti, perché non lo possiamo estendere? Credo che la visita del Santo Padre lavorerà anche in questo senso: per la pacifica coesistenza di tutti, per il rispetto dei diritti di tutti.

D. – Qual è stato il significato dell’apertura della Porta Santa a Bangui?

R. – Aprendo la Porta Santa il Papa, anche da un punto di vista teologico ed ecclesiale, ha fatto un gesto straordinario. Non c’era bisogno di aprire la Porta Santa in una città pacifica – può essere Roma, può essere da un’altra parte dell’Occidente, non importa - ma farlo lì dove fino a ieri ancora c’erano difficoltà e scontri. E’ lì che la riconciliazione ha bisogno di rinascere, è lì che la riconciliazione e il perdono hanno bisogno di essere nuovamente generati. E questo perché? Perché il cuore del cristianesimo è la misericordia. Ma anche nel cuore dell’islam non c’è Dio se non un Dio misericordioso; anche nel cuore dell’islam c’è una misericordia, alla quale a volte vengono tagliate le ali - viene dimenticata da alcuni, viene messa da parte - ma sappiamo che è uno dei 99 nomi con cui Dio, Allah, viene nominato. Il Papa va in una terra dove ci sono stati questi conflitti: sono conflitti civili, ma sono anche determinati da aspetti religiosi, almeno in una visione fondamentalista. Ecco, allora, il significato di dire: noi cristiani apriamo una Porta Santa che è quella della misericordia ed ora aspettiamo che pure i nostri fratelli musulmani, che credono in un Dio misericordioso, aprano, anche loro, una Porta Santa che è quella, anche per loro, della misericordia di Dio, che deve essere attuata, praticata, buttando via le armi e magari facendo un bel falò per bruciarle e finirla con esse.








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