2015-12-03 16:24:00

Giubileo, la teologa: architrave Chiesa non è dottrina


"Il Papa ci invita a rimettere al centro del nostro sguardo l'esperienza della misericordia. Quella che abbiamo ricevuto, che Dio ha nei nostri confronti, e di conseguenza quella che siamo invitati a moltiplicare, come persone capaci di misericordia verso gli altri". Così, la teologa Stella Morra, docente alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo -  nella prima delle trasmissioni speciali di Radio Vaticana Italia per il Giubileo - riassume i motivi dell'Anno Santo straordinario della Misericordia, voluto da Papa Francesco. 

Al centro c'è l'esperienza

"Con questo Giubileo, Francesco - spiega la Morra - offre anche un segnale a tutta la Chiesa su quelle che devono essere le gerarchie di importanza rispetto alle esperienze che ognuno di noi vive. Ci viene detto che c'è un centro e che questo centro organizza la forma dell'esperienza cristiana, dà un po' il significato a tutto il resto". "La cosa più interessante - spiega ancora la vicepresidente del coordinamento teologhe italiane - è che questa centralità non è sottolineata attraverso un manuale di teologia o un ciclo di catechesi, ma indicendo un Anno Santo: cioè invitandoci a fare un'esperienza, a compiere gesti concreti e molto reali, corporei. Il pellegrinaggio, cioè camminare; il passaggio, attraversare la porta; l'elemosina: le opere di preghiera e di carità. E' una sapienza antica che non richiede spiegazioni particolari, ma piuttosto il coinvolgimento dei nostri stessi corpi in gesti che ci aiutino a  rimettere al centro la misericordia, non come una dottrina, ma come un'esperienza, qualcosa che si fa prima ancora di essere capita, spiegata o nominata". 

L'architrave

"Quando il Papa nella Bolla di indizione dell'Anno Santo ci dice che la misericordia deve essere l'architrave su cui si fonda la vita della Chiesa significa che ci sta invitando a ricomprendere, riformulare, un modo implicito con cui siamo abituati a concepire la vita della Chiesa". "Per molti motivi storici - spiega ancora la Morra - in questi secoli abbiamo sempre più identificato la nostra Chiesa con una costruzione di dottrina e autorità. Nel linguaggio comune il 'credente' è colui che è d'accordo con alcune affermazioni. Ma, di per sé, l'esperienza del credente è quella dell'affidarsi a una persona, a Gesù, il Figlio di Dio, prima che quella di essere d'accordo su alcune affermazioni". "Come in ogni relazione - spiega ancora la Morra - è il gesto della fiducia sostanziale che ci lega a un altro. Poi vengono le discussioni sulle idee, ma tutto parte da un affidamento". "Da questo punto di vista, la forma della Chiesa si è concentrata in particolare sul tema della dottrina: dividendo le persone a seconda del fatto che fossero o no d'accordo su certi temi. Ma oggi ci viene detto che l'architrave della Chiesa non è la dottrina. Per secoli abbiamo considerato la misericordia un tema della dottrina, dovremmo invece cominciare a considerare la dottrina uno strumento della misericordia. E' questa un po' la conversione a cui siamo chiamati".

Riconoscersi peccatori

"Rimettere al centro la misericordia - aggiunge Stella Morra - non significa affatto cedere a una sorta di 'buonismo', 'sentimentalismo', o spiritualismo che invita a perdonare tutti. E' esattamente il contrario. Significa fare i conti con la nostra ferita. Riconoscerci come bisognosi di misericordia, perché siamo tra i malati e non tra i sani. Nel Vangelo la categoria che non è vista di buon occhio non è quella dei peccatori, ma proprio quella di coloro che ritengono di essere giusti, che non si riconoscono peccatori". "La misericordia ci ricorda che ognuno di noi è capace di male. E anche chi compie il male più orribile è uno di noi, fa parte del genere umano. Da qui in poi si ragiona: dalla possibilità che Dio ci offre di essere perdonati, pur nell'ambito di questa potenziale capacità di male che abbiamo".  








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