2015-12-11 12:35:00

P. Spadaro: vivere il Giubileo anche sui Social Network


Tre anni fa, il 12 dicembre del 2012, Benedetto XVI apriva il suo account Twitter @Pontifex. Un gesto inedito, segno di grande attenzione per le Reti Sociali come luoghi dove condividere la propria esperienza di vita e di fede. Oggi, l’account pontificio con Papa Francesco ha superato i 25 milioni di follower. I suoi tweet sono pubblicati in 9 lingue: dall’arabo al latino, dall’italiano all’inglese raggiungendo potenzialmente tutti gli abitanti della Rete. Sull’importanza della presenza del Papa sui Social Network e sul ruolo che questi ultimi possono avere nel Giubileo della Misericordia, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, di cui è appena stato pubblicato per la Emi il libro “Quando la fede si fa social”:

R. – La prima riflessione è che Papa Francesco è un Papa “tattile”, un Papa fisico, che ama accarezzare, che ama abbracciare. In qualche modo, proprio questa dimensione fisica del Papa richiama un’ampia condivisione digitale. Non c’è, dunque, una frattura tra il fisico e il digitale. Proprio la sua attenzione alla singola persona, all’umano, alla gestualità, richiede e stimola una condivisione digitale.

D. – 25 milioni di follower - peraltro sempre in crescita -, un numero davvero consistente, per alcuni aspetti straordinario, di retweet, ci dicono anche di una capacità di inserimento in un mondo che potrebbe essere in un primo momento non considerato affine, subito affine, a quello della Chiesa…

R. – In realtà, c’è un grande bisogno di saggezza, c’è un grande bisogno di riflessione, e la riflessione oggi deve essere necessariamente appuntita, cioè piccola, breve, ma capace di entrare nel profondo! E a volte basta lo spazio di un tweet, di un tweet scritto bene, e il Papa parla in genere per frasi abbastanza brevi e affilate. Lo spazio quindi di un tweet risulta non solo sufficiente, ma proprio appropriato, per aiutare le persone, all’interno di una vita frenetica, a riflettere, a pensare. Il Papa è capace di discorsi anche estremamente ampli e complessi. Basta guardare, leggere, le cose che ha scritto in precedenza, prima di diventare Pontefice, addirittura prima di essere arcivescovo. In realtà, però, si è reso conto che la sapienza del Vangelo passa attraverso messaggi semplici e messaggi brevi, cioè capaci di stimolare una riflessione appuntita, come dicevo prima. Quindi, questi retweet colpiscono molto. Certamente 25 milioni di followers sono un numero molto grande, che impressiona. Ma il dato che dovrebbe far riflettere di più è la volontà di condividere le parole del Papa. E in questo – devo dire – è un leader mondiale, cioè le cose che il Papa dice vengono ritrasmesse, vengono quindi condivise all’interno delle Reti Sociali, che poi sono spesso reti di amicizia. Non solo, tra l’altro, le parole del Papa: vediamo che c’è una grande condivisione delle immagini, quindi dei gesti che il Papa compie. Questo mondo di condivisione digitale è entrato potentemente dentro la Chiesa e ha un significato molto bello.

D. – Giusto 20 anni fa, per volontà di San Giovanni Paolo II, nasceva Vatican.va, e il Vaticano, dunque, entrava in Internet, peraltro anche prima di molte istituzioni italiane... Adesso stiamo, per l’appunto, approfondendo il ragionamento su Twitter e quindi su Papa Benedetto e Papa Francesco. Quale esempio, anche quale sollecitazione, possono trarre i fedeli da questo coraggio profetico dei Papi rispetto alle nuove tecnologie?

R. – Certamente una riflessione da fare riguarda il motivo per cui la Chiesa è in Rete. La missione della Chiesa, la vocazione anche, se vogliamo, della Chiesa è quella di stare dove ci sono le persone. E oggi le persone sono anche in Rete. Quindi la Chiesa deve per missione essere in Rete. Questa è la riflessione che mi sembra più interessante: essere cioè incarnati. Si è incarnati anche entrando nella Rete, perché la Rete non è un luogo freddo, tecnologico, algido, come alcuni immaginano, fatto di cavi, computer e macchine. No, in realtà è un luogo molto caldo, dove la gente oggi esprime bisogni, desideri anche di carattere religioso.

D. – Una delle sue ultime pubblicazioni ha per titolo “Quando la fede si fa social”. Ecco: questo Giubileo della Misericordia è in fondo anche il primo Anno Santo nell’era dei social. Cosa le Reti Sociali possono dare, quale contributo possono offrire a questa esperienza del Giubileo della Misericordia?

R. – La sfida, oggi, in questo Giubileo in particolare, non è quello di usare la Rete per diffondere un messaggio come se fosse in qualche modo uno strumento. La Rete non è uno strumento: è un ambiente, un ambiente di vita, in cui condividere la propria esperienza! Quindi quello che mi sembra importante in questo Giubileo, per esempio, è condividere esperienze di misericordia, condividere la parola chiave nella Rete. Appunto, la fede si fa social, si fa sociale, perché è in grado di dare una testimonianza, di produrre una testimonianza, e oggi una testimonianza si condivide e si condivide anche sui social.








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