2015-12-11 13:27:00

Rescritto Papa su compimento nuova legge del processo matrimoniale


Nel pomeriggio del 7 dicembre il Santo Padre ha firmato il seguente Rescritto ex audientia sul compimento e l’osservanza della nuova legge del processo matrimoniale:

L’entrata in vigore – in  felice coincidenza con l’apertura del Giubileo della Misericordia – delle Lettere apostoliche in forma di Motu proprio «Mitis Iudex Dominus Iesus» e «Mitis et Misericors Iesus» del 15 agosto 2015, date per attuare la giustizia e la misericordia sulla verità del vincolo di quanti hanno sperimentato il fallimento matrimoniale, pone, fra l’altro, l’esigenza di armonizzare la rinnovata procedura nei processi matrimoniali con le Norme proprie della Rota Romana, in attesa della loro riforma.

Il Sinodo dei Vescovi recentemente concluso ha espresso una forte esortazione alla Chiesa affinché si chini verso «i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito» (Relatio finalis, n. 55), ai quali occorre ridonare fiducia e speranza.

Le leggi che ora entrano in vigore vogliono proprio manifestare la prossimità della Chiesa alle famiglie ferite, desiderando che la moltitudine di coloro che vivono il dramma del fallimento coniugale sia raggiunta dall’opera risanatrice di Cristo, attraverso le strutture ecclesiastiche, nell’auspicio che essi si scoprano nuovi missionari della misericordia di Dio verso altri fratelli, a beneficio dell’istituto familiare.

Riconoscendo alla Rota Romana, oltre al munus ad essa proprio di Appello ordinario della Sede Apostolica, anche quello di tutela dell’unità della giurisprudenza (art. 126 § 1 Pastor Bonus) e di sussidio alla formazione permanente degli operatori pastorali nei Tribunali delle Chiese locali, stabilisco quanto segue:

Le leggi di riforma del processo matrimoniale succitate abrogano o derogano ogni legge o norma contraria finora vigente, generale, particolare o speciale, eventualmente anche approvata in forma specifica (come ad es. il Motu Proprio Qua cura, dato dal mio Antecessore Pio XI in tempi ben diversi dai presenti).

II. 1) Nelle cause di nullità di matrimonio davanti alla Rota Romana il dubbio sia fissato secondo l’antica formula: An constet de matrimonii nullitate, in casu.

    2) Non si dà appello contro le decisioni rotali in materia di nullità di sentenze o di decreti.

    3)Dinanzi alla Rota Romana non è ammesso il ricorso per la N.C. P. (Nova Causae Propositio), dopo che una delle parti ha contratto un nuovo matrimonio canonico, a meno che consti manifestamente dell’ingiustizia della decisione.

    4) Il Decano della Rota Romana ha la potestà di dispensare per grave causa dalle Norme Rotali in materia processuale.

    5) Come sollecitato dei Patriarchi delle Chiese Orientali, è rimessa ai tribunali territoriali la competenza sulle cause iurium connesse con le cause matrimoniali sottoposte al giudizio della Rota Romana in grado d’appello.

    6) La Rota Romana giudichi le cause secondo la gratuità evangelica, cioè con patrocinio ex officio, salvo l’obbligo morale per i fedeli abbienti di versare un’oblazione di giustizia a favore delle cause dei poveri.

Possano i fedeli, soprattutto i feriti e infelici, guardare alla nuova Gerusalemme che è la Chiesa come «Pace della giustizia e gloria della pietà» (Baruc 5, 4) e sia loro concesso, ritrovando le braccia aperte del Corpo di Cristo, di intonare il Salmo degli esuli (126, 1-2): «Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion, ci sembrava di sognare. Allora la nostra bocca si aprì al sorriso, la nostra lingua si sciolse in canti di gioia».

 

Compimento e osservanza

commento di Pio Vito Pinto, decano della Rota Romana

Nella relazione introduttiva con la quale si apriva il sinodo ordinario, il cardinale Erdő ha delineato uno dei precipui intenti dell’assise sinodale. Il relatore generale infatti affermava: «In virtù del sacramento del matrimonio la famiglia cristiana diventa un bene per la Chiesa, ma il suo inserimento nel contesto ecclesiale risulta anche un bene per la famiglia, che viene aiutata a livello spirituale e comunitario anche nelle difficoltà, e aiuta a custodire l’unione matrimoniale e a discernere circa i rispettivi adempimenti o le eventuali mancanze».

Sono così apparse chiare ai padri sinodali la realtà e la missione della Chiesa come definite dallo stesso divino fondatore, Gesù. La Chiesa in via non è la Chiesa dei perfetti, ma la comunità dei fedeli che si riconoscono ogni giorno peccatori e per questo bisognosi di conversione, punto di forza dell’ecclesiologia di Papa Francesco.

Il sinodo ha così insegnato che il gran numero di fedeli feriti o in stato di difficile rapporto nell’adesione – nella prassi della fede – alle verità del Vangelo, non sono un peso, ma una opportunità, che spinga molti di questi “feriti” a divenire, una volta riconciliati e risanati, dei veri missionari della bellezza del sacramento coniugale e della famiglia cristiana. Ancora occorre citare la relazione del cardinale Erdő: «L’inserimento organico del matrimonio e della famiglia dei cristiani nella realtà della Chiesa richiede anche che la comunità ecclesiale presti un’attenzione misericordiosa e realistica ai fedeli che convivono o vivono nel solo matrimonio civile in quanto non si sentono preparati a celebrare il sacramento, viste le difficoltà che una tale scelta può provocare oggi. Se la comunità riesce a dimostrarsi accogliente verso queste persone, nelle varie situazioni della vita, e presentare chiaramente la verità sul matrimonio, essa potrà aiutare questi fedeli ad arrivare a una decisione per il matrimonio sacramentale».

Il rescritto deciso da Papa Francesco sulla riforma del processo matrimoniale introdotta dai due motuproprio del 15 agosto 2015 mostra con chiarezza che la riforma giuridica è perfettamente coerente con la visione ecclesiologica propria del suo pontificato, come egli stesso l’ha chiaramente confermata negli atti di queste ultime settimane, dopo averla via via delineata nel suo magistero fin dall’inizio.

Nell’omelia della messa di apertura dell’anno giubilare, l’8 dicembre, il Pontefice ha delineato il pieno adempiersi del concilio Vaticano II: «Un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo. Un incontro segnato dalla forza dello Spirito che spingeva la sua Chiesa ad uscire dalle secche che per molti anni l’avevano rinchiusa in sé stessa, per riprendere con entusiasmo il cammino missionario. Era la ripresa di un percorso per andare incontro ad ogni uomo là dove vive: nella sua città, nella sua casa, nel luogo di lavoro… dovunque c’è una persona, là la Chiesa è chiamata a raggiungerla per portare la gioia del Vangelo e portare la misericordia e il perdono di Dio».

Prima ancora, nell’importante discorso commemorativo del cinquantesimo anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi, Papa Francesco ha compiuto una sintesi dell’ecclesiologia conciliare, evidenziando come il ruolo gerarchico del Pontefice Romano sia finalizzato al servizio, e lo ponga quale «supremo testimone della fides totius Ecclesiae, “garante dell’ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa”».

Su queste basi ecclesiologiche riposa il rescritto pontificio che oggi si pubblica, articolato in due parti, definitivamente interpretativo e integrativo dei due motuproprio.

Nella prima, poiché ogni legge di portata epocale qual è la legge di riforma del processo matrimoniale, incontra comprensibili resistenze, il Papa ha voluto ribadire, come avvenne con Giovanni Paolo II per la promulgazione del Codice di diritto canonico del 1983, che la legge è ormai promulgata ed esige l’osservanza (si veda la costituzione apostolica Sacrae disciplinae leges). Il rescritto odierno di Papa Francesco, come già allora per la promulgazione del codice di Giovanni Paolo II, obbedisce alla lex suprema, che è la salus animarum, di cui il successore di Pietro è il primo maestro e servo.

Nella seconda parte il rescritto riguarda specificamente la Rota romana come tribunale apostolico, che si è sempre distinto per la sapientia nelle sue decisioni giurisprudenziali, della quale è un’espressione il ritorno alla formula del dubbio generico (nei tribunali inferiori rimane invece l’obbligo del dubbio specifico, come può essere per esempio l’esclusione della prole); manifestando, nell’ottica della diaconia ecclesiale, la sollecitudine della giustizia nella duplice sacralità: da un lato la difesa in sé della verità del vincolo matrimoniale, dall’altro il diritto del battezzato a ricevere dalla Chiesa la dichiarazione sollecita e gratuita di tale verità del vincolo stesso.

 

 








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