2015-12-14 12:34:00

La croce cubana dei migranti donata dal Papa a Lampedusa


Una croce costituita da due fasci di remi legati assieme, immagine della sofferenza dei tanti migranti che hanno vissuto il dramma della morte in mare. L’opera è stata donata al Papa al termine della sua visita a Cuba, lo scorso settembre, dal presidente Raul Castro. A sua volta Francesco ha regalato il crocifisso all’arcidiocesi di Agrigento che in queste settimane lo porterà in pellegrinaggio fino alla parrocchia di San Gerlando a Lampedusa dove troverà collocazione definitiva il prossimo 17 gennaio. A realizzarlo è stato l’artista cubano Alexis Leiva Machado, più noto come Kcho. Francesco Gagliano lo ha intervistato:

R. -  Soy una creatura insular…
Sono una creatura insulare, sono nato su un'isola più piccola di quella di Cuba, l'Isla de la Juventud, e questa è una "condanna" della mia vita, mi porto dentro il mare e ho sempre avuto un pensiero particolare per il viaggio e l'immigrazione, a livello universale. È un tema estremamente delicato e per me molto sensibile e nessuno pensa mai a questo; solo Sua Santitá Francesco ha introdotto questo problema nell'agenda dei politici. Già nel 2011 avevo allestito una mostra alla Biennale di Venezia su questo tema, quindi mi sono sentito coinvolto in prima persona quando il Pontefice, due anni dopo, ha portato all'attenzione del mondo questa emergenza.

D. - Perché il viaggio, la migrazione, l'affascina? Che cosa le suscita?

R. - Me fascina el viaje en todos en sus formas, fisico, espiritual ...
Sono affascinato dal viaggio in tutte le sue forme, fisico, spirituale, mentale e anche morale. Ricordo che un giorno di due/tre anni fa ero a Milano, per la preparazione di una mostra e ho sentito che c'era stata l'ennesima tragedia del mare a Lampedusa: il giorno dopo sui giornali, sulle televisioni se ne parlava pochissimo. Tutti davano più importanza alle ultime novità della moda, a cosa succedeva a via della Spiga. Nessuno parlava di questo, l'unico a farlo era il Papa. Il mio lavoro, in tutti questi anni, parla proprio di questo: il viaggio, quello che si è costretti a compiere per salvarsi la vita e che a volte costa la vita. Quando queste persone si mettono per mare lo fanno per trovare qualcosa di differente, per cercare la pace, una pace che non hanno mai conosciuto prima perché hanno perduto il lavoro, la famiglia, gli affetti, quella sicurezza che noi tutti desideriamo. Penso quindi che sia importante parlare di questo, dare voce a queste persone, rendere noto al mondo che esiste anche questa realtà, non solo quella che viviamo nelle nostre comode esistenze”.

D. - Che rapporto c'è tra la sua arte e la religione?

R. - Mi madre y mi abuela eran muy religiosas ....
Mia madre e mia nonna erano molto religiose. Mio padre si chiamava Ignazio da Loyola; tutta la mia famiglia è profondamente credente: d'altronde vengo da un paese, Cuba, a maggioranza cattolica. Io non posso definirmi cattolico, ma a modo mio mi sento religioso, quella religiosità cubana laica che è stata introdotta con la Rivoluzione, l'attenzione nei confronti del prossimo. Credo che la religiosità sia molto importante e soprattutto credo che l'umanità senza spiritualità non possa andare da nessuna parte. Io ho sempre pensato che Dio è dappertutto, si manifesta in tutte le cose e specialmente negli altri uomini, nello spirito degli uomini, nei rapporti che si stabiliscono tra gli uomini, per me questo è molto importante. Quando Francesco ha detto che il mondo non può dimenticarsi dei migranti, perché soprattutto loro sono i figli di Dio mi sono sentito vicino a lui come non mai. Penso infine che non importa quale sia il Dio in cui si crede, quale sia la religione che seguiamo, l'importante è che non si smetta mai di mostrare attenzione per il prossimo: questo è per me un messaggio veramente importante. Come "creatore", come artista, sento di dover comunicare questo in tutti i modi possibili.








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