2015-12-14 12:07:00

Francia: sconfitta per il Front National al ballottaggio


Sconfitta netta per il Front National in Francia. Quasi il 60% dei francesi si è recato alle urne ieri contro il 43% di una settimana fa per il ballottaggio alle amministrative. Contro Marine Le Pen, hanno detto lo stesso 'No' che nel 2002 pronunciarono contro suo padre Jean-Marie al ballottaggio per l'Eliseo. I Republicains di Nicolas Sarkozy conquistano sette regioni contro le 5 dei socialisti (la Corsica è andata ai nazionalisti) ma appaiono spaccati e alla vigilia di una resa dei conti decisiva. La gauche perde simbolicamente l'Ile-de-France, la regione di Parigi, ma il primo ministro Manuel Valls, che si è esposto in prima persona gridando addirittura al rischio di "guerra civile" nel caso di vittoria del Front National, appare come il grande vincitore di questo voto. Il Front National registra la sconfitta che però non pregiudica le mire all'Eliseo nel 2017. Dopo la crescita esponenziale negli ultimi 15 anni, è il primo partito anche se resta isolato dal cordone "repubblicano". Per una riflessione, Fausta Speranza ha intervistato Antonio Villafranca, responsabile dell’area Europa dell’Ispi, Istituto di Studi di Politica internazionale:

R. – Al primo turno tutti i commentatori avevano detto che sarebbe stato un trionfo della Le Pen. Al secondo turno molti invece dicono che la Le Pen in realtà viene fuori molto ridimensionata, perché non è riuscita ad aggiudicarsi nessuna regione. In realtà, come spesso accade in questi casi, la verità credo stia a metà, nel senso che c’è sottotraccia e va avanti ormai da molti anni un’avanzata della destra in Francia che è favorita dal fatto che il messaggio politico del Front national è veramente molto flessibile. Ad esempio, verso le regioni del nord della Francia che sono relativamente più povere si comunica un messaggio che fa perno sull’esigenza del welfare, di una maggiore assistenza sociale. Mentre, ad esempio, Marion Le Pen nel sud dà un messaggio diverso, molto più focalizzato sui temi della sicurezza e dell'immigrazione. Quindi è verissimo che c’è stata una battuta d’arresto, determinata poi dal fatto che i socialisti si sono arresi in alcune regioni e quindi al secondo turno questo ha aiutato, ma questo non vuol dire che in vista delle elezioni presidenziali il Front National di nuovo poi non riesca ad avere un ritorno in termini elettorali molto alto, con una possibilità concreta che la Le Pen possa farcela. Sicuramente arriverà al secondo turno però non è detto che poi le cose vadano come sono andate questa volta.

D.  – In che modo questa vicenda elettorale può incidere sulla vita politica quotidiana della Francia?

R. – In realtà dobbiamo ricordare che le regioni francesi sono diverse da quelle italiane. C’è stata una riforma recente che ne ha ridotto il numero, ha ampliato un po’ i poteri ma, ad esempio, le regioni non hanno potestà legislativa; hanno competenze che riguardano un po’ i trasporti, che riguardano l’istruzione superiore, che riguardano centri di assistenza, ma in minima parte, per quanto riguarda gli immigrati o anche gli stessi centri che danno consulenza in caso di aborto… Tutti temi estremamente sensibili per l’estrema destra. Per esempio, Marion Le Pen aveva detto che questi fondi li avrebbe ridotti se fosse stata eletta. Quindi in realtà si tratta semplicemente di avere buoni amministratori, proprio perché la realtà - non deve trarci in inganno - è diversa dalla realtà regionale italiana. Quindi cambierà ma non a livello di indirizzo politico della Francia proprio perché le competenze regionali francesi sono relativamente limitate.

D. – Una riflessione sull’Europa: che dire di questo voto per i movimenti estremisti?

R. – Lì è evidente che la gente vota perché non pensa che dall’Europa vengano risposte chiare. In realtà, questo risultato comunque straordinario della Le Pen - il partito si conferma essere il primo partito di Francia - deve veramente far riflettere sul fatto che ormai gli aggiustamenti da fare nella costruzione europea non possono essere più aggiustamenti al margine, magari relegati a qualche incontro del Consiglio europeo tra i leader. E’ necessario ripensare l’Unione Europea e soprattutto ripensare a quelli che sono gli elementi fondanti dell’Unione monetaria. E per questo appunto gli aggiustamenti al margine non sono più sufficienti, la gente l’ha capito. Abbiamo bisogno di un’Europa migliore, che dia risposte a esigenze concrete che vengono indicate dai cittadini in merito alla disoccupazione, in merito a quello che è il reddito medio dei cittadini, in merito all’emigrazione e alla sicurezza.








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