2015-12-15 14:54:00

Putin firma la legge per bloccare le sentenze della Cedu


Con la firma del presidente russo Putin, entra oggi in vigore la legge che concede il diritto alla Corte costituzionale russa di stabilire se applicare o meno le sentenze di istituzioni sovranazionali in materia di diritti umani e civili, nello specifico della Cedu, la Corte europea dei diritti umani. La Russai è uno tra i Paesi maggiormente colpiti dalle sentenza della Cedu. Secondo Human Rights Watch questa legge serve a bloccare la possibilità delle vittime di violazioni dei diritti umani in Russia di avere giustizia tramite gli organismi internazionali. Francesca Sabatinelli ha intervistato Massimo De Leonardis, ordinario di Storia delle Relazioni e delle Istituzioni Internazionali alla Cattolica del Sacro Cuore di Milano:

R. – In linea di principio è una riaffermazione del fatto che la Russia, come del resto gli Stati Uniti o la Cina - cito non a caso questi Paesi perché sono le grandi potenze del momento - è una potenza, come si usa dire, “sovranista”, cioè non fa cessioni di sovranità. Quindi, da questo punto di vista è come gli Stati Uniti che, per esempio, non accettano la giurisdizione della Corte penale internazionale. Ma direi che c’è un altro esempio. Noi sappiamo che anche la Corte costituzionale tedesca, la corte di Karlsruhe, è titolata a decidere se certe decisioni prese in sede di Comunità europea siano applicabili alla Germania, coerenti con la Costituzione tedesca. Quindi, abbiamo altri esempi in questo senso. Nel concreto direi che non cambia granché, perché dobbiamo essere consapevoli che queste questioni relative ai diritti umani sono sempre trattate su un piano politico e non su un piano giuridico, questo da tutti.

D. – Quanto conta il fatto che la Russia sia tra i Paesi con il più alto numero di denunce alla Cedu? Si parla di 122 casi nel 2014, in cui Mosca ha violato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo…

R.  – Non sarò certo io a sostenere che in Russia c’è una democrazia limpida e cristallina. Rendiamoci conto però che ci sono altri Paesi che stanno molto peggio da questo punto di vista e mi chiedo se per esempio il ricorrente uso facile delle armi da fuoco da parte dei poliziotti americani non sia anch’esso una violazione dei diritti umani. Gli Stati comunisti si chiamavano “democrazie popolari” e di democratico avevano poco. Adesso Putin chiama la sua “democrazia sovrana” ed è chiaro che evidentemente sono violazioni dei diritti umani. Ma vogliamo parlare allora della Turchia? O forse la Turchia, perché fa parte della Nato, viene condannata di meno?

D. – Queste sentenze quanto sono vincolanti?

R. – Il diritto internazionale è profondamente e strutturalmente diverso dal diritto interno. E’ chiaro che se un Tribunale approva una sentenza, e questa passa in giudicato, la sentenza viene eseguita. Nel campo internazionale, se una Corte come quella di cui parliamo emette una sentenza, una delibera, un regolamento, l’attuazione di questo è sempre oggetto di una decisione di carattere politico. E’ chiaro che ci possono essere delle reazioni, delle sanzioni, delle condanne, ma è evidente che non è che la Corte dei diritti dell’uomo può mandare poliziotti ad eseguire una sentenza.

D. – Sappiamo anche che spesso sono state emesse delle sentenze molto controverse…

R.  – C’è purtroppo una ricorrente espressione che abbiamo sentito infinite volte, tutte le volte che in Italia non si approvavano i matrimoni omosessuali, non si riconoscevano certi cosiddetti diritti, lo slogan ricorrente era: “Così ci allontaniamo dall’Europa”. A queste osservazioni rispose 20 anni fa San Giovanni Paolo II quando, in un viaggio in Polonia, disse: “Che cosa vuol dire entrare in Europa, uccidere un bambino non ancora nato?”, riferendosi chiaramente all’aborto. Quindi, credo che le sentenze che hanno fatto discutere siano quelle di questo tipo. Per esempio anche quelle che sono state, a seconda dei gradi di giudizio, relative alla possibilità di esporre o meno il Crocifisso.








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