Imprese preoccupate per la tassa sul licenziamento. Una norma della legge Fornero impone di versare fino a 1470 euro a dipendente per ogni impresa che esce da un appalto. Alessandro Guarasci:
Il salasso rischia di superare il miliardo e duecento milioni di euro per tutto l’universo delle imprese. E’ il caso di quelle imprese che escono da un appalto, e nonostante il loro personale venga riassunto da chi subentra, sono costrette a pagare dai 490 ai 1470 euro a lavoratore. La platea degli interessati è di 2,5 milioni di dipendenti. La legge di Stabilità e il milleproroghe non hanno messo riparo a questa stortura. Massimo Stronati, presidente di Ferlavoro e Servizi Confcooperative
R. – E’ una tassa che va a colpire tutti i lavoratori oggetto di cambio di appalto. Quindi le imprese, che finiscono un periodo di appalto, devono pagare per quei lavoratori che poi verranno riassunti da un’altra impresa, perché l’art. 4 del Contratto dei multiservizi prevede che nessuno rimanga a casa. Quindi - a questo punto - non è un ammortizzatore, ma è una tassa vera e propria. E i numeri sono spropositati: parliamo di due milioni e mezzo di addetti di questo settore, tra le pulizie, il facility management e tutto quello che gli ruota intorno. E quindi è una enormità pensare che una tassa in un settore del genere, già in difficoltà, si abbatta in questo momento in cui si comincia a vedere un po’ di ripresa.
D. – Una tassa pensata per quale motivo? Solo per fare cassa, secondo lei?
R. – All’origine era nato come ammortizzatore, ma l’ammortizzatore funziona se c’è disoccupazione. Non essendoci disoccupazione, perché questi lavoratori vengono riassunti immediatamente, non si capisce se veramente non sia più un ammortizzatore o quindi sia veramente una tassa, un prelievo in un settore fatto di piccole e medie imprese.
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