2015-12-26 14:14:00

Pranzo di Sant’Egidio al carcere Regina Coeli


Oltre 180mila persone hanno partecipato alle centinaia di pranzi di Natale offerti dalla Comunità di Sant’Egidio in tutto il mondo. Ieri, nella basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma, ha preso parte al pasto con i poveri anche il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, che ha rivolto il saluto del Papa a tutti i presenti. Sant’Egidio ha organizzato pranzi anche con i detenuti di molti carceri. Fra gli altri, quello che si è tenuto oggi nel penitenziario romano Regina Coeli. Marco Guerra ne ha parlato Carlo Santoro, volontario della comunità di Sant’Egidio oggi in visita al penitenziario di Roma:

R.  –  Il cardinale Parolin ha portato il saluto personale del Papa, dicendo che stare insieme ai poveri al pranzo di Natale è un esempio di convivenza e ha detto anche: “Il Papa vi vuole bene”. Ha ripetuto più volte questa frase, anche personalmente fermandosi con ognuno dei commensali. Il pranzo a Santa Maria in Trastevere è stato il primo, per la prima volta nel 1982, ma ormai questo pranzo c’è in molte chiese di Roma e ovunque, attraverso la comunità di Sant’Egidio, nel mondo. Questa tavola così larga ha visto partecipare quasi 180 mila persone: poveri di tutto il mondo e anche, in molte carceri, ogni detenuto che si trova in condizioni molto difficili di vita.

D.  – Infatti, l’Anno santo ci invita a riscoprire le opere di misericordia, e tra queste c’è sicuramente l’attenzione per i carcerati, come ha più volte ricordato Papa Francesco…

R. – Il carcere è un po’ un esempio forte: quando il Papa parla della cultura dello scarto, il carcere è esattamente un posto di esclusione. Invece noi pensiamo, come dice il Papa, che la misericordia è rivolta a tutti. Spesso il Papa cita i carcerati. Anche in occasione di ogni viaggio in genere vuole essere vicino ai carcerati. Nel carcere di Philadelphia a settembre scorso il Papa ha detto che la misericordia si mostra chiaramente per mezzo di due gesti: lavare i piedi e andare a tavola. Lavare i piedi perché ognuno di noi merita di essere purificato, lavato dagli altri, e la tavola perché Gesù vuole che da questa tavola nessuno rimanga fuori, perché la tavola è stata apparecchiata per tutti e tutti siamo invitati. Ma io devo dire che l’invito esigente è rivolto anche agli stessi carcerati, ad essere misericordiosi ognuno nei confronti del proprio vicino. Il Papa parlava addirittura della Porta Santa che è quella di ogni cella, quindi anche chi non può andare a San Pietro o nelle basiliche ovunque nel mondo, può avere l’indulgenza che può essere l’inizio di una nuova vita, anche addirittura nella propria cella.

D. – Tu oggi ti trovi a Regina Coeli, il carcere di Roma, per uno di questi pranziqual è l’atmosfera, come si vive questa giornata?

R. – Noi siamo qui in questa rotonda, che è il punto centrale dell’Antico Monastero, dove in genere la domenica celebriamo la messa con i detenuti. Siamo qui ormai per la settima volta il giorno di Santo Stefano, il 26 dicembre, in ricordo di una grande visita che fu quella di Papa Giovanni il 26 dicembre del 1958. Per la prima volta nella storia un Papa volle visitare i detenuti e disse con parole semplici che voleva mettere il proprio cuore vicino a quello dei detenuti e anche gli occhi nei loro occhi. Con questo spirito noi ci dobbiamo avvicinare ai detenuti. Questo è un invito a tutti, a guardare i detenuti con altri occhi, con occhi misericordiosi perché la stessa misericordia verrà riservata anche a ciascuno di noi.

D.  – Dal Regina Coeli parte un augurio anche a tutti gli altri carcerati, nel segno della misericordia, del perdono e del rinnovamento della vita...

R. – Il primo augurio che vogliamo fare qui, da Regina Coeli è l’invito a essere misericordiosi, nessuno escluso. Un pensiero va anche a chi lavora qui dentro, agli agenti che spesso operano in condizioni complesse, difficili. Sappiamo che troviamo spesso molte vittime della cultura dello scarto ma da qui oggi parte una ribellione. Quindi da qui, ovviamente anche per i detenuti che dovessero sentirci su Radio Vaticana, parte un augurio sincero per questo Natale. E anche un augurio finale: che il prossimo anno noi saremo qui ma che loro saranno fuori e potranno festeggiare insieme a noi, al pranzo di Natale o a Santa Maria o altrove, dove ormai festeggiamo, in altre città e in altre parti del mondo.








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