2015-12-28 11:55:00

Mons. Becciu: il 2015 di Francesco all’insegna della misericordia


Il Giubileo della Misericordia, i viaggi apostolici internazionali e ancora il Sinodo sulla Famiglia e la riforma della Curia Romana. Sono alcuni dei temi e momenti forti del 2015 di Papa Francesco. Su questo intenso anno che si sta concludendo, Alessandro Gisotti ha intervistato l’arcivescovo Angelo Becciu, Sostituto della Segreteria di Stato, che inizia la sua riflessione proprio dall’Anno Santo voluto dal Papa:

R. – Ciò che mi ha colpito e che mantengo nella mia memoria è il momento in cui il Papa me lo comunicò, manifestò l’idea di indire l’Anno Santo. Vidi in lui tanta gioia, tanta gioia perché era ed è consapevole di offrire al mondo una possibilità unica: quella cioè di sperimentare la Misericordia di Dio. E poi anche l’aver scelto le varie Porte Sante indica, nel Santo Padre, il desiderio di porgere a tutti – a tutti! – la possibilità di usufruire dei benefici che l’Anno Santo deve portare. Non è preoccupato delle folle oceaniche a Roma, ma è preoccupato che ognuno possa avere il modo e la facilità di sperimentare la bontà, l’amore misericordioso di Dio. Ecco, a me rimane molto impressa la gioia del Papa di poter indire l’Anno Santo.

D. – Il Sinodo della Famiglia è un’altra pietra miliare di questo 2015 di Francesco. Ritiene che lo stile sinodale, tanto spesso richiamato dal Papa, stia passando come messaggio nella Chiesa, non solo al vertice?

R. – E’ certamente un augurio, ma direi che non è facile: non è facile far passare questo messaggio e viverlo. Però vedo attorno tanta buona volontà. Dobbiamo passare dalla mentalità di una Chiesa verticistica a una Chiesa “comunionale”, sapendo far convivere l’aspetto gerarchico e l’aspetto di comunione. Questo vuol dire far entrare lo spirito, l’arte della comunione nelle nostre varie strutture, nelle strutture assembleari: nella parrocchia, il consiglio pastorale; nelle diocesi, il consiglio presbiterale e il consiglio pastorale diocesano; così come il Papa esercita e aiuta a vivere in spirito “comunionale” quando convoca il Sinodo. Le stesse Conferenze episcopali nelle loro assemblee… Per noi è importante saper esprimere le nostre opinioni e il Papa vorrebbe che ogni fedele si sentisse responsabile nella fase elaborativa dei documenti o dei momenti decisionali. Però vivere sinodalmente, vivere “comunionalmente” questi momenti significa sentire la libertà di esprimere la propria opinione e, allo stesso tempo, aver la libertà e il distacco dalle proprie opinioni per accogliere quelle altrui. Da noi non devono esistere correnti di pensiero, che forzano gli altri ad accogliere le proprie idee: per noi è importante lasciare spazio affinché sia lo Spirito Santo a condurre le nostre idee, le nostre decisioni! Comunione tuttavia non significa oscurare o eliminare il momento dell’autorità, che deve intervenire nel fare la sintesi dei vari contributi. Ecco, non è facile! Però vedo che si sta tentando e si sta cercando di vivere questo aspetto “comunionale” nei nostri momenti assembleari.

D. – La riforma della Chiesa, e della Curia in particolare, è stata un altro punto forte in questo 2015 di Papa Francesco: un progetto che va avanti. Lei, che è uno dei più stretti collaboratori del Pontefice, cosa coglie in questa voglia così forte di riforma che il Santo Padre sta imprimendo, da subito?

R. – Il Papa – lo ha ripetuto più volte – è deciso a mandare avanti la riforma, la riforma della Curia. E’ deciso e sta imprimendo dei ritmi importanti. Allo stesso tempo, però, faremmo torto al Papa se dicessimo che l’unica preoccupazione del Papa sia la riforma della Curia. Lui ha lo sguardo sul mondo intero e vi sono tanti altri problemi… Ci rendiamo conto, anche uscendo dai nostri palazzi, di come il mondo abbia bisogno di essere evangelizzato: la scristianizzazione avanza in maniera inesorabile e vediamo come i valori della Chiesa vengano messi all’angolo e non se ne voglia sentire parlare. Tutto questo preoccupa il Papa! E non ultima la preoccupazione per i cristiani perseguitati nel mondo intero. Sì, preoccupiamoci di ristrutturare la Curia, però cerchiamo di non ripiegarci troppo su noi stessi, allarghiamo lo sguardo verso il mondo intero e sentiamo l’urgenza di diffondere la Parola di Dio.

D. – In questo anno non sono mancate situazioni e vicende di turbamento anche all’interno del Vaticano. Il Papa ha però mantenuto una serenità che ha rassicurato i fedeli, che – lo abbiamo visto tante volte – lo amano davvero come un padre. Qual è la sua riflessione al riguardo?

R. – Prima di tutto, è stata una vicenda che ha fatto soffrire tanto il Papa. Nello stesso tempo, però, non lo ha piegato: ci ha dato anzi esempio di serenità, di coraggio e ha comunicato anche a noi la necessità e la volontà di andare avanti, di non lasciarsi condizionare da vicende negative che succedono attorno a noi e soprattutto da questa vicenda che è capitata: parliamo del cosiddetto “Vatileaks”. A questo proposito vorrei dire e vorrei precisare che le due persone che sono accusate di aver diffuso i documenti certamente sono venute meno alla fiducia del Papa, ma venute meno anche all’impegno, che avevano assunto con giuramento, di tener segrete le carte che avrebbero preso in mano. Vi sono anche i due giornalisti accusati di aver diffuso le notizie in maniera non corretta. Su questo punto vorrei precisare questo: i giornalisti hanno tutto il diritto di pubblicare le notizie che ricevono…. perché spesso in questo ultimo tempo hanno accusato il Vaticano di essere oscurantista e di usare metodi inquisitori. Non si tratta di mettere in discussione il loro diritto di diffondere notizie, ma casomai vi sono dubbi sul metodo, sul modo con cui hanno ricevuto le notizie! C’è un processo in corso, il processo chiarirà questi dubbi.

D. – C’è un’immagine di questo anno di Francesco che la ha colpita particolarmente e che, secondo lei, racchiude anche un po’ questo 2015 del Papa?

R. – Immagini ce ne sono tante… Forse perché più vicina a noi, a me è rimasta impressa l’immagine dell’apertura della Porta Santa a Bangui, nella Repubblica Centrafricana. E questo perché – prima di tutto – ha sottolineato la predilezione del Papa verso quel popolo, da tanti anni sofferente e vittima di guerre fratricide, e poi perché quello spalancare quella porta, che è una porta semplice di una cattedrale altrettanto semplice, ha quasi voluto essere un grido, un'invocazione verso Dio Padre perché concedesse la pace a questo popolo che ha diritto di vivere in pace e di non essere oggetto di giochi da parte di potenze straniere. Ha diritto di vivere finalmente nella serenità e nella tranquillità. La stessa Messa che hanno celebrato con il Papa è stato un grido di gioia, un desiderio di questo popolo di conoscere tempi più belli per sé e per i propri figli.








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