2015-12-29 12:40:00

2015: economia in ripresa per Ue ma meno a livello globale


In tema di economia, il 2015 sostanzialmente è stato l’anno della ripresa per Stati Uniti e Europa, mentre in Asia ha portato turbolenza. C'è il rischio di nuovi scollamenti tra economia della finanza e economia reale. Per tracciare un bilancio e capire qualcosa delle possibili prospettive, Fausta Speranza ha intervistato l’economista Paolo Guerrieri, docente all’Università La Sapienza di Roma:

R. – C’è stata una ripresa che era appannaggio solo degli Stati Uniti e dell’Asia fino a qualche tempo fa e che, invece, si è estesa sia al Giappone ma soprattutto all’Europa, all’area dell’euro, che ha ripreso a crescere nel 2015. In qualche modo l’euro è il motore che in questo momento sta accelerando rispetto invece ad altri motori, per esempio anche la stessa economia americana, che conoscono un periodo di rallentamento. Se per questo verso è stato un anno positivo, per l’altro ha, invece, deluso perché si pensava che questa ripresa a livello internazionale non solo si consolidasse ma in qualche modo imboccasse senza indugi un vero e proprio sentiero di crescita stabile. Questo non è avvenuto perché nella seconda parte dell’anno, in realtà, c’è stato un rallentamento, tanto che la crescita a livello mondiale quest’anno si stima un po’ superiore al 3% e quindi molto al di sotto degli standard medi. E ci sono nuvoloni che si addensano, e che sono un po’ il portato di questi ultimi mesi, che vengono soprattutto, come sappiamo, dalla Cina e da quella vasta area di Paesi emergenti che sono stati in questi anni la vera risorsa di sostegno alla ripresa globale e che si stanno invece trasformando in un grande problema. Questo è un po’ il lascito del 2015.

D. – Parliamo proprio di equilibri a livello mondiale. Abbiamo cominciato a imparare con la crisi scoppiata nel 2007 che quello che succede in un Paese comunque ormai ha una ripercussione anche dall’altra parte del pianeta…

R. – Io direi proprio di sì. Nel senso che il 2015 è stato l’anno in cui in particolare si è toccato con mano. Anche i meno avvertiti – coloro che in qualche modo non avevano poi fino in fondo creduto a questa sorta di riequilibrio dell’economia mondiale – hanno visto che un’economia basata sostanzialmente su Stati Uniti e Europa si è sempre più trasformata in un’economia in cui c’è un terzo polo, quello del Sudest asiatico, e soprattutto c’è un terzo grande attore che è la Cina. Anche i più scettici hanno toccato con mano nel 2015 proprio una cosa di questo genere, quando ad agosto in piena estate – di solito è sempre in piena estate che scoppiano le crisi finanziarie – abbiamo cominciato a tremare e in Europa e nel resto dell’area avanzata proprio perché c’era stato un vero e proprio crollo dei corsi azionari sui mercati cinesi. In particolare, il rallentamento dell’economia cinese che dai mitici 10-11% era scesa intorno al 7, se non ancora più in basso. Lì abbiamo temuto in maniera molto concreta che addirittura la crescita, che si stava consolidando nell’area europea e proseguiva in quella americana, potesse addirittura arrestarsi. Quindi, si è ormai constatato che l’economia è almeno tripolare, cioè si muove su poli consolidati quali quello euroamericano ma ormai ha un polo asiatico, in particolare cinese, che conta molto. Conta, come è successo negli ultimi anni, in positivo perché è stato il traino della crescita, ma conta e può contare anche in negativo quando avranno dei problemi di natura soprattutto strutturale. Questo lo dico perché c’è una vera transizione in Cina da un modello tutto trainato dalle esportazioni a un modello basato sui consumi interni. Questa transizione è difficile e, a questo punto, non è solo la Cina a preoccuparsi ma è l’intera economia mondiale. Quindi, credo che il 2015 abbia definitivamente consolidato questa immagine di un’economia mondiale tripolare, se non addirittura multipolare.

D. – Una parola anche sul binomio, o possiamo dire doppio binario, tra economia della finanza e economia reale: anche questo abbiamo toccato con mano in tempi di crisi?

R. – Lo abbiamo toccato e ritoccato con mano, perché noi veniamo da anni bui, nel senso che la grande crisi, la grande recessione del 2008-2009 sono nate proprio da distorsioni di questo binomio: economia finanziaria-economia reale. Si tratta di un binomio che, quando si muove in parallelo, in qualche modo si sostiene a vicenda, ma quando soprattutto l’economia finanziaria prende una sua direzione, indipendentemente dall’economia reale, e quindi si gonfia a dismisura, succede quello che è successo nel 2008-2009, vale a dire un grande crack finanziario trasformatosi poi in una recessione reale. Nel 2015, abbiamo cominciato a vedere – per fortuna per ora sono ancora primi segnali ma primi segnali preoccupanti – un nuovo scollamento tra un’economia finanziaria che marcia a ritmo impetuoso e un’economia reale che invece stenta in qualche modo a seguirne le orme. E questo è sempre foriero di problemi perché i mercati finanziari che si gonfiano poi alla fine devono per forza ritornare sul mondo reale. Non sono ancora assolutamente segnali rossi come si cominciarono ad avvertire nel 2006-2007, ma certamente vanno presi sul serio e bisogna mettere in atto delle contromisure, altrimenti il pericolo potrebbe diventare ancora più minaccioso.








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