2016-01-04 11:58:00

Béchara Raï: cristiani in fuga per i contrasti tra sciiti e sunniti


La crisi tra Iran e Arabia Saudita, tra sunniti e sciiti, coinvolge i cristiani della regione. Ma in che modo i cristiani dell’area mediorientale stanno vivendo questa situazione? Eugenio Bonanata lo ha chiesto al patriarca maronita libanese, il cardinale Boutros Béchara Raï:

R. – Purtroppo questa crisi fa del male a tutti quanti: sia ai cristiani sia ai musulmani. I cittadini tranquilli sono costretti a lasciare i loro Paesi perché non possono vivere sotto i bombardamenti. Quanto a noi cristiani, portiamo sempre il messaggio che oggi più che mai questo Medio Oriente ha bisogno della presenza cristiana perché possa sempre annunciare il Vangelo della fratellanza, della dignità della persona umana e quindi la nostra predicazione diventa sempre più necessaria. Purtroppo la guerra è la guerra e la gente è costretta a scappare. Noi cerchiamo in tutti i modi di aiutarli, di supportarli e speriamo che anche il mondo occidentale possa fare lo stesso. E’ molto facile dire: “Venite da noi”, però è più importante aiutarli a rimanere nei loro Paesi. Dobbiamo conservare la nostra presenza, la nostra missione. Per noi  è molto importante questa convivenza con i musulmani.

D.  – Qual è il significato di questa crisi, cosa c’è dietro secondo lei?

R. – Da 1.300 anni c’è un conflitto latente tra sunniti e sciiti. Purtroppo ci sono degli interessi regionali e internazionali. Gli interessi regionali sono l’Arabia Saudita e l’Iran, due potenze che vogliono ognuna fare la sua strategia politica ed economica e raggiungere il Mediterraneo. E questo contrasto politico purtroppo è diventato un conflitto di guerra. Poi a livello internazionale ci sono gli alleati sia dell’Arabia Saudita sia dell’Iran che hanno i loro interessi. Posso dire che tutta questa guerra in Siria, in Iran, nello Yemen – e che Dio preservi adesso l’Arabia Saudita – ci sono in gioco solo gli interessi internazionali e locali: interessi economici, politici e strategici. Purtroppo la fonte di tutti questi malanni è l’insolubile crisi palestinese. Finché la comunità internazionale non risolve il conflitto israelo-palestinese non avremo mai pace in Medio Oriente.

D. - Cosa dire delle conseguenze pratiche nell’intera regione?

R. – La conseguenza è la distruzione di Paesi, di culture, di identità, di persone. E noi cristiani, in 1.400 anni di vita in comune nel Medio Oriente con i musulmani, nonostante tutte le peripezie, abbiamo creato la moderazione. Purtroppo oggi la si sta distruggendo. Comunque noi vogliamo rimanere qui e vogliamo aiutare l’islam a vivere una vita moderata e non lasciarlo in preda a tutte le organizzazioni terroristiche e fondamentaliste. Sappiamo che queste organizzazioni sono aiutate e sostenute politicamente con i soldi e con le armi da Paesi che hanno influenza nella regione e hanno i loro interessi. Questa è la verità chiara e tonda.

D. – In conclusione, come contrastare questo stato di cose? Qual è l’auspicio?

R. – Bisogna sempre mobilitare, come fa il Santo Padre, tutti quelli che sono di buona volontà e insistere sulla necessità di smettere le guerre. Il Santo Padre Francesco aveva predetto fin dall’inizio che si tratta di un commercio di armi. E’ vero, è vero! Tutte queste guerre…Bisogna alzare la voce al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e dire che bisogna cessare le guerre! E’ inutile, la guerra non risolve niente. La guerra genera altre guerre, altro odio nel mondo. Questo è quello che chiediamo ovunque: bisogna alzare la voce. Purtroppo si sente una sola voce, quella di Papa Francesco. Nessun Paese parla di pace, nessun Paese parla di cessare la guerra.








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