2016-01-05 13:14:00

Altalena delle Borse asiatiche, la Cina immette liquidità


I mercati occidentali aprono in buon rialzo e poi si ridimensionano, dopo che le Borse asiatiche hanno vissuto un’altra giornata in altalena, che si è conclusa questa volta senza scossoni. Le autorità di Pechino, per cercare di tamponare il flusso record di vendite – che ieri ha fatto precipitare del 7% i listini cinesi e ha forzato uno stop anticipato alle contrattazioni – hanno autorizzato diverse pesanti misure, tra cui la proroga del divieto di vendite oltre la naturale scadenza di fine settimana e l’immissione da parte della Banca centrale di quasi 20 miliardi di dollari sul mercato, attraverso operazioni a breve in pronti contro termine. Per valutare quanto sta accadendo alle Borse mondiali, Fausta Speranza ha intervistato Leonardo Becchetti, docente di Economia all’Università Tor Vergata:

R. – Le turbolenze giornaliere ci sono in Borsa anche perché la volatilità “intraday” è molto aumentata dal fatto che si usano algoritmi automatici, c’è moltissimo trading alta frequenza, molta speculazione. Ma quello che noi dobbiamo guardare è l’andamento di medio termine. La Borsa italiana ha chiuso l’anno con una crescita piuttosto forte, del 15%. In un anno, storicamente, la Borsa non dovrebbe aumentare più dell’8-9 % in media, questo è il rendimento medio delle azioni ogni anno se prendiamo i dati medi dell’ultimo secolo. Quindi, non dobbiamo preoccuparci che la Borsa un giorno possa andare a +3 o a −3, quello che conta è la dinamica media.

D. – Ci ricordiamo la crisi in estate 2015 della Borsa cinese e ora è intervenuto un altro episodio, però questa volta pesa anche la congiuntura tra prezzo del petrolio, la tensione Arabia Saudita e Iran… E’ così?

R. – Sicuramente, ci sono pretesti dati dalle vicende che stanno accadendo in questi giorni, quella cinese e il conflitto tra Iran e Arabia Saudita. Però, si tratta anche di ritracciamenti salutari della Borsa (il "rintracciamento" indica un andamento dei prezzi nella direzione opposta alla tendenza registrata in precedenza - ndr), proprio perché è bene che si evitino bolle speculative, è bene che i corsi borsistici non crescano molto. Quando la Borsa ritraccia, in un certo senso, può essere anche una buona notizia, se questo avviene dopo tanti giorni o un periodo lungo di crescita. Paradossalmente, la Borsa dovrebbe crescere non più dell’8-9% all’anno e questo vuol dire che ogni giorno non ci dovrebbe essere un aumento superiore al 5x10 mila. Se dovessimo considerare tutte giornate positive, una vicino all’altra, fino alla fine dell’anno, si arriverebbe così all’8-9%, alla fine dell’anno. Quindi, tutto ciò che c’è in più, in un certo senso, va ad alimentare bolle speculative e quindi non è detto che il giorno in cui la Borsa ritraccia o ci sono rendimenti negativi siano giorni negativi. Magari sono notizie positive perché le bolle fisiologicamente si sgonfiano.

D. – Abbiamo visto Pechino intervenire in modo incisivo, sia in estate 2015, sia ora con l’emissione di 20 miliardi, l’acquisto di fondi pubblici. Che dire di queste misure?

R. – La Cina ha due problemi. Uno è il surriscaldamento dei corsi azionari, la Borsa è salita troppo negli ultimi tempi. Il secondo è che il Paese sta passando strutturalmente a un periodo di crescita più moderata rispetto a quella del passato. Da questo punto di vista, però, le autorità cinesi stanno intervenendo per cercare di evitare che questi due fenomeni, quello finanziario e quello strutturale dell’economia, possano produrre crolli nel mercato finanziario troppo forti. E da questo punto di vista, è positivo che le autorità cerchino di intervenire.

D. – Ci aiuta a capire un po’ in questa fase il rapporto tra prezzo del petrolio e l’andamento dell’economia mondiale?

R. – Tutto il 2015 è stato caratterizzato da tre eventi macropositivi, che sono la svalutazione dell’euro, la riduzione del prezzo del petrolio, il "quantitative easing", per noi. Quindi, la riduzione del prezzo del petrolio è ormai è un fatto strutturale: vuol dire costi minori per le nostre imprese e ricordiamo che il petrolio è un input importato. Ma soprattutto c’è dietro un fenomeno di cui ormai non possiamo tenere conto: dobbiamo passare alle fonti rinnovabili, tutto questo è urgente e sarà sempre più urgente. Questo vuol dire che la domanda di petrolio progressivamente dovrebbe tendere a ridursi, quindi il calo del prezzo del petrolio dovrebbe essere un fenomeno strutturale. Si parla addirittura di un 70-80% di riserve di gas e di petrolio, che non verranno più utilizzate se per far fronte al riscaldamento globale passeremo alle fonti rinnovabili. Questo vuol dire che ci dovremmo aspettare prezzi permanentemente bassi e anche un ritracciamento in Borsa delle grandi compagnie petrolifere, se non sapranno riconvertirsi alle rinnovabili.








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