2016-01-05 11:32:00

Vescovo Rieti: grande commozione a Greccio per la visita del Papa


Papa Francesco prima di recarsi al Santuario di Greccio è andato a Rieti, dal vescovo della città, mons. Domenico Pompili.  Luca Collodi lo ha intervistato:

R. – Come ha detto lui scherzosamente: “Sono una persona ben educata e prima di andare a Greccio sono passato a salutare il vescovo”. E così siamo andati, sulla sua Focus, verso Greccio nel primissimo pomeriggio. Abbiamo approfittato del fatto che in questi giorni lì, presso il Santuario, si teneva un Meeting dei giovani della diocesi - che si concludeva proprio ieri intorno alle 15 - per andare a fare una sorpresa anche ai ragazzi, che si sono visti arrivare dal fondo della sala il Papa. E’ stato veramente un momento intenso: chi piangeva, chi rideva, chi non credeva ai suoi occhi e se li stropicciava, pensando che stesse vedendo qualcosa di irreale. Comunque, anche lì, il Papa ha avuto la bontà di fermarsi qualche istante. Ha svolto anche due brevi, ma suggestive riflessioni, sulla stella che va cercata e sul bambino che è il segno non solo dell’incarnazione, ma anche di ciò che è marginale, secondario, e va riscoperto. E poi finalmente siamo andati al Santuario, che era l’oggetto della sua visita, stando per qualche minuto in silenzio davanti a quel bellissimo affresco medievale, che raffigura da un lato Francesco che, rivestito di una semplice dalmatica, si inginocchia davanti al Presepe e dove, in primo piano, c’è la Vergine Maria che allatta il bambinello. E’ stato un momento toccante, soprattutto quando il Papa si è chinato sull’altare per baciarlo.

D. – E’ stata una piccola catechesi sul tempo di Natale…

R. – Sì, direi quasi anticipando i temi dell’Epifania. La Stella vista come simbolo del desiderio, vista come la vocazione di ciascuno, per la quale – ha aggiunto – occorre saper fare anche delle scelte importanti. E parlando a dei giovani evidentemente questo era un invito ad assumersi la responsabilità della chiamata e a saper andare anche, se necessario, controcorrente. Poi quel riferimento al bambino, visto non semplicemente come l’immagine della "kenosis" di Dio, del suo abbassamento, ma anche come la scelta di ciò che è meno appariscente, di quello che non è così in primo piano e che invece va coltivato. E per questo ha raccomandato ai giovani di saper stare accanto alle persone bisognose, a quelli che sono in difficoltà. Tra l’altro, tra i 150 giovani, c’erano una decina di extracomunitari di fede islamica, che sono stati molto contenti di poter avere questo contatto ravvicinato. Fanno parte di un progetto di accoglienza di un paesino della nostra diocesi a Colle Giove.

D. – Mons. Pompili, la presenza del Papa può dare forza all’intera comunità reatina che sul piano economico e del lavoro vive un periodo di crisi? 

R. – Certamente. Questa è una provincia che, come tutte le realtà del nostro Paese, ha una situazione di difficoltà economica. E certamente l’invito, e ancor prima la presenza del Papa, è un incoraggiamento ad iniziare bene l’anno, riscoprendo quelle che sono le radici del nostro territorio che ha nella cifra francescana, secondo me, il suo dna. Un dna peraltro da condividere, perché il "Francesco da Rieti", come uso dire scherzosamente, rispetto al Francesco d’Assisi in qualche modo, è il Francesco ancor più delle origini, delle scelte sine glossa. Il Presepe in questo senso è una di queste, perché la sua interpretazione così essenziale, ridotta all’asino, al bue e al bambinello, è un invito a contemplare la scena della natività, facendo leva sulla nostra immaginazione, senza voler dispiegare tutto il nostro sguardo, ma volendo cogliere solo qualche elemento che susciti e coinvolga anche la dimensione emotiva della persona.

D. – Un episodio simpatico. In auto con il Papa, da Rieti a Greccio, a lei mons. Pompili è squillato il cellulare. Il Papa le ha detto: “Risponda pure”…

R. – Sì, in realtà non avevo messo la suoneria, come purtroppo accade. Lui, però, non si è scomposto e ha detto: “Rispondi”. Ho detto: “Ma è un sacerdote…”. E poi ha subito aggiunto: “Comunque bisogna richiamarlo. In giornata, però!”. Come per dire che bisognava non farlo aspettare.








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