2016-01-07 14:10:00

Jrs: affrontare “l'emergenza scolastica” dei bambini siriani


Sono circa 2,8 milioni i bambini siriani che non vanno a scuola a causa della guerra. 550mila di loro sono rifugiati in Libano. Il Centro del Jesuit Refugee Service (Jrs) operante a Jbeil - riferisce l'agenzia Fides - garantisce assistenza scolastica a 500 bambini siriani, offrendo loro anche il sostegno psicosociale. Un'esperienza che permette di toccare con mano la vera e propria “emergenza scolastica ed educativa” che occorre affrontare con urgenza, se non si vuole compromettere il futuro di intere generazioni di giovani siriani.

Bambini sconvolti dalla guerra e dalla violenza domestica
Dal resoconto delle attività del Centro Jbeil, diffuso dal Jrs, emerge che tutti i bambini assistiti sono stati colpiti in maniera più o meno traumatica dalle conseguenze della guerra. Alcuni di loro hanno sperimentato la violenza domestica, e la maggior parte attualmente vive in case inadatte o sovraffollate. Nella gran parte dei ragazzi, il vissuto traumatico ha conseguenze negative sul piano del comportamento, a cominciare dall'incapacità stessa di stare in classe. Una condizione che va affrontata con molta pazienza, tenendo sempre presente – sottolinea Majed Mardini, insegnante presso il centro scolastico di Jbeil che i bambini siriani "hanno bisogno di più di una formazione tradizionale". 

Tutti gli insegnanti sono chiamati a svolgere anche un'opera di assistenza sociale e psicologica 
"Molti dei ragazzi” riferisce Mardini “non sanno come si sta a scuola. Insegniamo ai bambini come comportarsi, come interagire con gli altri, ma soprattutto, come volersi bene l'un l'altro”. Solo un lavoro quotidiano e protratto nel tempo permette di ottenere risultati gratificanti, e di registrare un miglioramento effettivo nel comportamento e nelle capacità di apprendimento dei bambini. 

La scuola l'unica certezza nel futuro di questi bambini
​Molti di loro – raccontano gli operatori – col tempo riconoscono la scuola come l'unico luogo dove riescono a essere felici, e non vogliono interrompere la frequenza nei periodi di vacanza, che per molti rappresenta un tempo di tristezza e di abbandono. Qualsiasi sarà il loro futuro, in Siria o altrove, "l'educazione” - fa notare Mardini - “è l'unico modo per costruire un futuro per questi bambini". (G.V.)








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