2016-01-07 12:46:00

Ucraina. Shevchuk: il nostro è Natale solidale con gli sfollati


Accogliamo i profughi, preghiamo per i nostri nemici. Non sono buoni propositi di inizio anno, ma una scelta concreta della Chiesa ucraina per rispondere col Vangelo al dramma del conflitto che ancora imperversa nel Paese. Una scelta voluta per festeggiare degnamente il Natale, che proprio oggi viene celebrato da molte Chiese orientali che seguono il calendario giuliano. Ne parla l’arcivescovo maggiore di Kiev-Halyic, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, intervistato da Alessandro De Carolis:

R. – Le circostanze drammatiche della guerra in Ucraina, nelle quali stiamo festeggiando il Natale quest’anno, ci portano al nucleo centrale della fede cristiana, cioè il Natale è la festa della presenza di Dio tra noi: non è una scienza astratta, è una Persona che nasce, una Persona divina. Ci sentiamo, perciò, veramente confortati per la presenza di Dio. Siamo sicuri che Dio è sempre con quelli che soffrono, con quelli che sono abbandonati, quelli che sono rifugiati. Dio con noi, quindi, come Bambino nato a Betlemme, è una speranza per il popolo ucraino. Questo è il pensiero con il quale stiamo celebrando il Natale quest’anno.

D. – La crisi che state vivendo non è più, spesso, in primo piano sui media internazionali, ma non per questo la vostra gente soffre meno. In che modo la Chiesa è vicina alle vittime di questo conflitto?

R. – Quelli che appaiono come personaggi centrali sui giornali sono i potenti di questo mondo. Molto spesso gli umili, gli emarginati, non appaiono più sulle pagine della stampa. La sofferenza del popolo ucraino, quindi, non fa più notizia. Questo, però, non significa che la guerra sia finita. Viviamo la più grande catastrofe umanitaria dalla fine della Seconda Guerra Mondiale: adesso in Ucraina abbiamo quasi due milioni di rifugiati, sfollati che hanno dovuto abbandonare le loro case. Io ho fatto dunque un appello, affinché in questa notte di Natale ogni famiglia credente accolga una famiglia di sfollati. Ho spiegato alla nostra gente che, accogliendo i senzatetto, noi accogliamo lo stesso Gesù che oggi nasce e si fa presente nella persona di colui che è più bisognoso. 

D. – Il Giubileo della Misericordia invita al perdono. In che modo questo messaggio particolare dell’Anno Santo entra nella vostra festa del Natale?

R. – Senza perdono, un popolo non può contrastare un’aggressione. La cosa più pericolosa è che durante la guerra la gente cominci a odiare e diventi così facile preda di quelli che se ne vogliono impadronire. Noi cristiani, perciò, specialmente in Ucraina, vivendo quest’Anno della Misericordia impariamo a perdonare anche quelli che ci aggrediscono. Durante il nostro Sinodo, ai Vespri, è stato fatto un appello: che ogni settimana - il martedì e il giovedì – si faccia tutti una preghiera per i nostri nemici. Pregando per loro impariamo a perdonare e anche ad amare nel modo cristiano.

D. – Quali sono i suoi auguri, gli auguri di Natale, che desidera rivolgere al suo Paese?

R. – Anzitutto, vorrei ribadire che il Natale è il mistero nel quale Dio, con la mano del tenero Bambino neonato, tocca le nostre paure, i nostri dolori, e per opera della misericordia divina li trasforma nella speranza e nella forza di amare. Allora, vorrei fare questo augurio: che ognuno senta questo tocco dell’amore divino e della sua misericordia.








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