2016-01-08 12:00:00

Roy: mobilitazione Caritas Internationalis per la pace in Siria


Cinque anni di guerra, migliaia di vittime, milioni di sfollati. E’ il terribile bilancio della guerra in Siria che anche in questo inizio del 2016 continua a sconvolgere la vita del popolo siriano. Di questi giorni la notizia di gente che muore di fame nella città di Madaya stretta d'assedio dalle forze fedeli ad Assad che proprio nelle ultime ore, annuncia l'Onu, ha autorizzato l'apertura di corridoi umanitari. Per porre fine a questa guerra insensata, Caritas Internationalis ha lanciato una campagna di mobilitazione generale per i prossimi 12 mesi. Alessandro Gisotti ne ha parlato con il segretario dell’organismo caritativo internazionale, Michel Roy:

R. – La domanda è venuta sempre più forte dai membri della Caritas della regione - Caritas Siria, Caritas Iraq, Caritas Libano, Caritas Giordania e Caritas Turchia – a tal punto che l’ultima volta che ci siamo incontrati, nel settembre scorso, quando è stato domandato “Di cosa avete bisogno?” l’unica parola che è uscita fuori è stata "la pace". La domanda per la pace è primordiale per i nostri amici delle Caritas del Medio Oriente. Caritas Internationalis, rispondendo all'urgenza della gente di questa regione, ha deciso dunque di lanciare una campagna di mobilitazione contro questa indifferenza, e di pressione, perché i governi vadano avanti, in maniera seria, a trovare delle vie per fermare questo conflitto ed intervenire a livello politico: chiediamo che i governi si impegnino in modo vero e responsabile per facilitare questo.

D. – Nel messaggio per la Giornata mondiale della pace, Papa Francesco chiede di "vincere l’indifferenza, per conquistare la pace". Dopo cinque anni di guerra in Siria, secondo lei, ci si è quasi abituati all’impossibilità di risolvere la situazione?

R. – Sì, c'è l’indifferenza dell’opinione pubblica. Uno, infatti, si abitua a questo. Chi parla adesso della guerra del Darfur, dopo 12 anni? Nessuno. L’indifferenza dell’opinione pubblica da una parte e, però, ci sono gli interessi degli Stati e delle multinazionali. Il Medio Oriente è una regione ricca, infatti, e interessa a quanti vendono le armi: c’è un grande mercato per i grandi Paesi e c’è un interesse geopolitico molto grande. Ciò che ha fatto cambiare l’opinione pubblica in Europa è stato l’arrivo di centinaia di migliaia di persone che hanno chiesto asilo nel continente. Questo fiume di gente, dalla Turchia fino alla Germania, ha svegliato tutti.

D. – Parlavamo di indifferenza. Un altro sentimento che a volte può esserci è "impotenza". In questo anno giubilare - il Giubileo della Misericordia - i cristiani anche attraverso Caritas cosa possono fare per i siriani?

R. – Per prima cosa, penso, pregare. Ricordo il Giorno di preghiera per la Siria che aveva organizzato Papa Francesco due anni fa. Sono sicuro che per cominciare dobbiamo pregare Dio, perché ci aiuti a trovare la strada giusta per arrivare dove vogliamo andare. Seconda cosa: domandare ai politici, ai governi, che si impegnino su questa via di ricerca della pace, non vendendo armi. Ognuno di noi può domandare al suo deputato o senatore, ai capi di governo, di andare su questa strada. Aiutare i rifugiati rimane una grande sfida, perché la comunità internazionale, che è stata parte della guerra, delle motivazioni per le quali c’è questa guerra, non si assume le sue responsabilità di aiutare la gente sfollata all’interno della Siria: sono 8 milioni. E’ incredibile il numero! Non bisogna dimenticare nemmeno l’Iraq e quelli che sono in Giordania, in Turchia, in Libano, che sono quattro milioni. Tutte queste persone devono essere aiutate, perché non hanno la possibilità di sopravvivere da soli.








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