2016-01-09 13:30:00

Egitto: attacchi terroristici contro turisti e polizia


Torna alta l’allerta terrorismo in Egitto. Due gli attacchi nelle ultime 24 ore. Ieri sera due uomini armati e in possesso di una bandiera dell’Is hanno assalito un resort turistico a Hurghada, sul Mar Rosso, ferendo tre turisti europei. Uno degli attentatori è morto, l’atro è rimasto ferito dopo la pronta reazione della sicurezza. Stamane, due poliziotti sono stati uccisi in un attacco ad un posto di blocco a sud de Il Cairo. Continuano quindi i tentativi di destabilizzare il Paese da parte di gruppi radicali islamisti, nonostante il pungo di ferro del Presidente al Sisi. Marco Guerra ha raccolto il commento dell’analista di strategia Alessandro Politi:

R. – Nonostante tutti gli sforzi dell’attuale governo, è chiaro che il Paese è in una condizione di strutturale instabilità, e ci vorrà molto tempo per ricomporre il quadro politico, che è l’unica soluzione reale per isolare i terroristi.

D. – L’attacco sul Mar Rosso è stato condotto da uomini con la bandiera del sedicente Stato Islamico. Ma c’è veramente la mano del Califfato dietro a queste azioni? Ricordiamo anche la bomba sull’aereo russo …

R. – Mentre sulla bomba dell’aereo russo ci sono discussioni, e ovviamente gli egiziani cercano di evitare di dare l’impressione che il turismo sia sotto attacco – per ovvi motivi – nel caso di Hurgada è evidente che il fenomeno di attrazione del sedicente Stato Islamico ha però radici nel Sinai. Il Sinai è un posto ancora largamente fuori controllo, dove c’è di tutto: predoni, campi di schiavi e anche – purtroppo – terroristi.

D. – L’Egitto è un Paese guida del mondo arabo, con oltre 80 milioni di abitanti. Riuscire a stabilizzare l’Egitto è fondamentale per tutta la regione?

R. – L’Egitto ha sempre avuto un ruolo molto importante, ma la crisi del sistema politico egiziano che è già visibile da molto tempo, non solo a livello interno ma anche a livello della qualità della sua presenza nella regione, limita l’impatto della stabilizzazione, paradossalmente, ma non quello della destabilizzazione. Quindi, stabilizzare l’Egitto è importante perché c’è il Canale di Suez, è importante perché l’Egitto è comunque una delle grandi capitali del mondo arabo, però oggi l’Egitto è così debole che non può fare molto per – una volta stabilizzato – influenzare subito positivamente il resto del Levante e del Golfo. Dopodiché è assolutamente controproducente lasciarlo scendere giù nella spirale. Ma qui è il governo del Presidente che deve chiudere una ferita politica molto profonda, con una fetta importante della popolazione.

D. – Intanto, in Tunisia si susseguono in questi giorni arresti di sospetti appartenenti a organizzazioni terroristiche …

R. – Devo dire che la Tunisia è proprio un caso di eclatante insipienza politica, perché tutti sanno perfettamente che aiutare la Tunisia è un’ottima idea, che per ora è l’unica cosa dove veramente si può agire con una certa tempestività e moltissimi, troppi ci dormono su. Sarebbe ora che una serie di governi europei concertino le loro azioni, anche senza tanta pubblicità, ma che aiutino energicamente l’unica democrazia che per ora è uscita dalle rivoluzioni arabe e che ancora è un faro in tutta la regione e che naturalmente le forze terroristiche vogliono spegnere. E non solo quelle, perché ci sono i loro finanziatori che spesso sono illiberali – per essere proprio diplomatici.

D. – Rimane il fatto che con il caos libico è destabilizzato tutto il Maghreb, tutta la sponda sud del Mediterraneo è quindi coinvolta nella lotta al terrorismo …

R. – Sì, ma direi che in Libia si è fatto un passo avanti politico – il governo di unità nazionale – che però va velocemente consolidato. Anche qui la concordia tra i governi europei, dove invece sottobanco temo ci siano ancora manovre per mettere questa o quella bandierina, è indispensabile, come dimostra l’attentato a cui è sfuggito il primo ministro del governo provvisorio. Quindi, è un’operazione che riesce soltanto se i vari governi non si lasciano distogliere da molto miopi e molto inefficaci interessi nazionali.








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