2016-01-11 18:39:00

Nuove denunce per le violenze di Colonia: si indaga su 19 sospetti.


Resta altissima la tensione in Germania dopo le violenze sulle donne a Colonia la notte di Capodanno. La polizia indaga su 19 sospettati, tutti stranieri ed esclude che gli attacchi seguissero un piano organizzato. Intanto il consiglio centrale dei musulmani tedeschi denuncia minacce, mail di insulti e provocazioni in rete. L’Osservatore romano torna sulla vicenda parlando di “sdegno senza fine”, con il duro commento  dell’arcivescovo di Colonia, il card. Woelki che dice: “non deve esserci alcuno spazio per la violenza sessista”. Cecilia Seppia

La polizia di Colonia indaga su 19 sospettati: 10 sono richiedenti asilo, 9 sono presunti immigrati irregolari, nessuno è di cittadinanza tedesca, mentre al vaglio degli inquirenti ci sono ormai 516 denunce. È quanto emerge dal rapporto del ministro della Westfalia, Ralf Jaeger che conferma l’arresto, già scattato per 4 di loro, con l’accusa di furto. Il dato certo - stando all’Anticrimine -  è che gli attacchi in piazza non fossero stati organizzati o guidati. Al contrario è stata invece pianificata su Facebook, un’iniziativa di un gruppo di hooligan, rocker e buttafuori che avrebbe lanciato una caccia all’uomo nel centro storico di Colonia, in risposta alle violenze subite dalle donne, la notte di san Silvestro. Proprio ieri sera i primi raid punitivi hanno coinvolto 12  profughi, pakistani, siriani e africani, aggrediti da gruppi xenofobi, e ora ricoverati in ospedale con ferite gravi. Il presidente dei musulmani tedeschi intanto ha denunciato minacce e ritorsioni arrivate proprio dal web e il governo ha reagito mantenendo il punto: fatti ingiustificabili, ha detto il portavoce della cancelliera tedesca Merkel,  la Germania deve restare accogliente. Un monito è arrivato anche dall’Alto rappresentante della politica estera dell’Ue Mogherini che ha esortato  i politici tedeschi e non solo, a non usare l’ondata di violenze di Capodanno a Colonia, per alimentare la retorica anti-immigrati.

Nell’intervista di Fausta Speranza, la riflessione di Daniele De Luca, docente di relazioni internazionali all’Università del Salento:

   

R. – Quello che all’inizio era sembrato come un episodio estremamente “antipatico” – uso questo termine ma ne vorrei usare altri sicuramente più pesanti – nei confronti delle donne, invece si sta rivelando come un possibile progetto per creare ulteriore instabilità e insicurezza nelle persone in Europa. Se stiamo alle parole del ministro tedesco che ha parlato di un possibile complotto o di azioni coordinate, allora il progetto sembra particolarmente difficile da gestire. È notizia di queste ore come anche il capo della Polizia di Vienna abbia invitato le donne a non uscire da sole la sera. E questo crea – ripeto – particolari difficoltà e insicurezza nelle persone.

D. – Questo "terrore" delle donne di uscire sole è anche una forma di terrorismo, le pare?

R. – È una forma di terrorismo estremamente viscida, nascosta, che comunque colpisce in alcuni casi persone più deboli. Nel senso che piccoli gruppi di donne, di una o due donne da sole - ma anche gruppi di uno, due uomini da soli, sono comunque degli obiettivi - creano quello stato di terrore e di insicurezza che non permette alle persone di vivere una vita normale così come l’abbiamo conosciuta fino a poco tempo fa. Ora, quanto questo progetto sia stato veramente pianificato per raggiungere un obiettivo preciso, questo al momento non ci è dato di sapere e credo sarà estremamente complicato scoprirne i dettagli. Ma questo fa alzare, se possibile, il nostro livello di guardia. Io credo che negli ultimi tempi, per tutta una serie di ragioni, e grazie anche alla forza della nostra democrazia, il nostro livello di guardia, della sicurezza, si era un po’ abbassato. Forse, allora dovremmo ricominciare ad alzarlo e non soltanto nel guardarci intorno per possibili attacchi terroristici, ma – come lei ha detto giustamente – il terrorismo comincia a prendere delle facce estremamente diverse l’una dall’altra.

D. – In un Occidente che, ovviamente, deve fare “mea culpa” per la strumentalizzazione del corpo femminile, per tutti i femminicidi di cui abbiamo spesso parlato anche se non abbastanza visto che proseguono, colpire la donna significa colpire i principi democratici dell'Europa...

R. – Esattamente. Ci sono voluti in Occidente anni, decenni, secoli, per poter arrivare alla libertà di espressione della donna. Noi dobbiamo sicuramente fare un “mea culpa” per quanto riguarda i femminicidi. E c’è da dire anche sull’uso del corpo delle donne sui media: a volte è una libera scelta delle donne stesse, a volte no. In ogni caso, toccare le donne vuol dire toccare i principi stessi della democrazia europea, perché – lo ripeto – ci è voluto tantissimo tempo prima che le donne potessero conquistare i loro diritti, esprimersi, fare le stesse scelte e avere le stesse opportunità degli uomini. Non dimentichiamo che le donne hanno potuto votare in Europa molto tardi: in Italia addirittura soltanto nel 1946 siamo arrivati al suffragio universale. Le limitazioni e le discriminazioni ancora accadono in tantissimi Paesi, ma non devono accadere qui, in Europa, perché veramente poter affermare e difendere i diritti delle donne vuol dire affermare e difendere i diritti di chiunque di noi abbia la possibilità e la voglia di esprimere una qualsiasi idea.








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