2016-01-12 17:22:00

Fusco: sistema sanitario da rivedere nella Terra dei fuochi


In Campania, nella cosiddetta” Terra dei fuochi” si registrano mortalità, ricoveri e tumori ''in eccesso'' rispetto alla media regionale. A dirlo è l'Istituto superiore di sanità che nel rapporto diffuso ieri esamina i 55 Comuni delle provincie di Napoli e di Caserta, definiti così dalla Legge del 2014 in relazione allo smaltimento illegale dei rifiuti. In particolare, afferma l'Istituto, ''si osservano eccessi di bambini ricoverati nel primo anno di vita per tutti i tumori. L’inquinamento ambientale, viene ribadito, è una possibile causa o concausa della maggiore incidenza della malattia, ma non è ancora possibile valutarne un nesso causale. Pur condividendo le conclusioni  dello studio, il direttore del Registro tumori dell’Asl Napoli 3 Sud, Mario Fusco, è critico nei confronti del rapporto. Adriana Masotti lo ha intervistato:

R. – Io terrei ben distinto l’aspetto scarico di rifiuti tossici e inquinamento ambientale, dal dato epidemiologico attualmente disponibile: inquinamento ambientale, ecomafia, gestione della camorra e del territorio, sono un problema che nessuno vuole sottacere. Altro è invece la posizione di chi fa ricerca scientifica e chi gestisce un istituto di ricerca, quale è il Registro tumori. Il Registro tumori contesta all’Istituto superiore di sanità due dati molto molto gravi: insieme all’Istituto superiore di sanità a suo tempo furono preparate tabelle relative ai comuni inseriti nella Terra dei fuochi e tabelle relative ai comuni esterni alla Terra dei fuochi, relativamente alla mortalità oncologica. Ebbene, le tabelle evidenziavano che eccessi di rischio di mortalità e di incidenza negli adulti stavano sia nei comuni appartenenti alla Terra dei fuochi, sia nei comuni che non vi appartenevano. Aver omesso questa seconda parte nel rapporto ha creato una parzialità dei dati e quindi una non correttezza dei dati. L’altro aspetto che noi contestiamo è la metodologia applicata. Voler affrontare un argomento così delicato e sensibile, quale il rapporto tra ambiente e cancro su una macro-area di 55 comuni di un milione e 600 mila abitanti, significa voler accomunare a uno stesso ipotetico rischio un’intera popolazione. Le centinaia o migliaia di discariche sono diverse e una cosa è parlare della popolazione immediatamente esposta, che vive continuativamente nel raggio di 500 metri, 1 km, 3 km, e un altro è parlare di una popolazione che non ne è proprio a contatto, la città di Napoli, ad esempio… L’approccio epidemiologico che noi come Registro stiamo eseguendo da anni e di cui pubblicheremo i primi dati entro il mese di febbraio è quello di micro-aree geografiche: cioè, studiare la caratterizzazione dei diversi siti e in relazione al tipo di inquinante presente nell’area, alla popolazione residente e su quella micro-area geografica noi accendiamo una lente di ingrandimento.

D.  – Quindi, se ho capito bene, solo una parte della responsabilità di questa maggiore mortalità può essere imputata a danni ambientali, all’inquinamento. Che cosa denuncia allora lei, quali altre cause?

R. – La mortalità oncologica non è un indicatore di rischio, è un indicatore di esito perché tra diagnosi di cancro e guarigione o morte per cancro c’è un fattore in mezzo, la sopravvivenza: la sopravvivenza oncologica qui è più bassa rispetto alla sopravvivenza media italiana.

D. – Mi dica allora perché, come si spiega questo?

R. – Il problema della mortalità rimanda a un problema di sistema sanitario regionale: ritardata diagnosi, mancata attuazione degli screening che sono obbligatori per legge, ritardo accesso alle cure, bassa qualità delle cure… Questi fattori, messi insieme, creano un miscuglio che determina una più alta mortalità oncologica che è della Campania, non della Terra dei fuochi. Il dato ambientale deve essere gestito in modo trasparente e corretto, noi non vogliamo nascondere il rischio. Diciamo che questo rischio va cercato con più attenzione.

D. – E intanto bisogna anche pensare ad un riordino del sistema sanitario regionale…

R. – La mia proposta è quella di potenziare gli screening, definire standard regionali in base a cui stabilire chi può fare cosa nel campo oncologico, percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali definiti, che sono la chiave di volta per abbattere la mortalità oncologica.








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