2016-01-16 07:30:00

Elezioni a Taiwan: grande attenzione da Usa e Cina


Elezioni generali oggi a Taiwan. L’isola ha aperto ultimamente un dialogo con la Cina, che la considera un suo territorio. Alle consultazioni, che dovranno eleggere presidente e parlamento, guardano con attenzione anche gli Stati Uniti, che guardano a Taipei come importante punto strategico nel Mar Cinese. Sul voto e i suoi risvolti, Giancarlo La Vella ha intervistato Stefano Vecchia, esperto di Estremo Oriente:

R. – Una tornata elettorale di assoluta importanza e non soltanto per la libertà dei taiwanesi, ma anche proprio per i rapporti tra i Taiwan e la Repubblica Popolare Cinese. Ricordo che si tratta di una doppia consultazione ed è - diciamo - il culmine di un percorso politico che ha visto, soprattutto negli ultimi anni, una forte opposizione della società civile e dei partiti dell’opposizione contro la politica filo-Pechino del presidente Ma Ying-jeou. Di conseguenza molti osservatori vedono, in realtà, in questa tornata elettorale una sorta di referendum per continuare il processo di avvicinamento alla Cina, che è economico e che Pechino vuole sempre più che diventi anche politico, e invece una opposizione che vuole quantomeno un blocco dello sviluppo di questi rapporti e decidere autonomamente quale sarà il futuro delle relazioni, appunto, con Pechino.

D. – Secondo alcuni osservatori, Taiwan sarebbe una sorta di "merce di scambio" in un baratto tra Pechino e Washington: quali estremi avrebbe, secondo lei?

R. – Sul piano strategico Taiwan è intoccabile per gli americani. Certamente nel prossimo futuro – soprattutto in relazione ai rapporti che vanno in qualche modo sviluppandosi tra Pechino e Washington, ma che vanno in un certo senso anche deteriorandosi davanti alle affermazioni sempre più pressanti e più forti di Pechino di sovranità sulle acque che circondano la Cina – il ruolo di Taiwan sarà, in qualche modo duplice: da un lato potrebbe diventare una sorta di ulteriore base della strategia statunitense, ma – allo stesso tempo – la pressione di Pechino affinché Taiwan venga integrata nella “madre patria”, nella “grande madre patria cinese” potrebbe in qualche modo allentare i rapporti tra Washington e Taipei.

D. – Quindi l’aspetto strategico, che rimarrebbe nell’area americana, e l’aspetto economico che verrebbe trasferito alla competenza della Repubblica Popolare?

R. – Sì, in qualche modo sì. Molto dipenderà da cosa succederà domani: il partito di maggioranza, quello che ha il potere dal 1949, addirittura rischia sostanzialmente di scomparire. E questo sarebbe un cambiamento drammatico, un cambiamento epocale dei rapporti tra i due Paesi, ma anche per l’isola: di fatto, a questo punto, i partiti di opposizione – contrari ad una integrazione con la Cina – potrebbero non rompere, perché questo vorrebbe dire una invasione militare cinese verso l’isola, ma sicuramente creare uno strappo in cui gli americani dovranno poi cercare un loro ruolo.








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