2016-01-23 07:48:00

Migranti. Nuova strage in acque greche. A rischio Schengen


Nuova tragedia del mare. Almeno 44 i morti in tre distinti naufragi nelle acque greche del mar Egeo. Fra le vittime anche 20 bambini. Intanto, mentre procedono le ricerche dei dispersi,  lo scorso anno sono stati registrati oltre un milione di migranti irregolari provenienti in Europa dalla rotta balcanica e prende piede in Ue l’ipotesi di bloccare i flussi dalla Grecia. Paolo Ondarza:

Le acque greche del Mar Egeo al largo di Framakonissi, Kalolimos, Didim sono stati teatro delle ultime tragedie dell’immigrazione. Fra le vittime anche venti bambini. Sulle imbarcazioni – raccontano testimoni - viaggiavano fino a 100 persone. La speranza di trovare ancora sopravvissuti è sempre più debole: impiegata nelle ricerche anche la missione Ue Frontex secondo la quale sono stati oltre un milione i profughi sbarcati lo scorso anno in Italia e Grecia. Ma la rotta del Mediterraneo Orientale, con approdo nelle coste elleniche, è stata la più battuta. In totale  secondo l’agenzia europea sono stati 1,83 milioni i passaggi irregolari attraverso le frontiere Ue: a dicembre scorso da Italia e Grecia se ne sono contati 97mila la maggior parte dei quali riconducibili alla rotta balcanica proveniente da Atene. In questo quadro, secondo il Financial Times, l’Ue starebbe pensando ad un piano drastico di blocco dei migranti dal paese ellenico. Preoccupato per una possibile fine del trattato di Schengen sulla libera circolazione si dice il presidente del Parlamento europeo Schulz secondo il quale gli esiti in termini economici sarebbero  "catastrofici". 

Il tema immigrazione al centro del dibattito in Europa sulla possibile sospensione per due anni del Trattato di Schengen, che favorisce la libera circolazione all’interno dell’Unione. Molte le perplessità, mentre il Presidente americano Obama chiede alla Cancelliera tedesca Merkel la convocazione di un vertice internazionale entro l’anno. Intanto, nel Mar Egeo c’è stata una nuova tragedia. In un naufragio al largo di Smirne sono morte almeno 44 persone, tra cui 20 bambini. Giancarlo La Vella ha intervistato padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli:

   

R. – L’effetto della sospensione di Schengen è immediato e consiste nel blocco della possibilità di passaggio delle persone: in pratica controlli più decisi su quest’ultime. E ciò riporterebbe la gestione delle migrazioni a livello nazionale in modo effettivo, mentre noi pensiamo che la soluzione dei problemi di questo periodo, la soluzione del fenomeno migratorio, sia nella gestione europea: quindi nel mettersi d’accordo tra Stati e non lasciare che ogni singolo Stato decida per sé.

D. – Come conciliare gli aspetti della sicurezza con quelli della doverosa accoglienza?

R. – I controlli delle persone devono essere a vantaggio delle persone stesse. L’identificazione deve essere funzionale al fatto che poi le persone possano veramente essere accolte e integrate nel territorio. Non possiamo più permettere che i controlli sulle persone avvengano per difenderci da coloro che arrivano, per difendere le nostre frontiere piuttosto che le persone stesse. Questo è inaccettabile ormai.

D. – Altro tema in discussione è l’onere di controllo e asilo, giudicato “eccessivo” per i Paesi di primo ingresso. Anche qui, com’è possibile spalmare questo impegno, di fatto su tutti i Paesi dell’Unione Europea, anche su quelli lontani dalle frontiere?

R. – Bisognerebbe ripensare il sistema di asilo a livello europeo: una gestione comunitaria del fenomeno. E quindi tutti si sentirebbero responsabili dell’accoglienza che avviene nei Paesi di frontiera, quelli del Sud dell’Europa; ma poi l’accoglienza più generale dovrebbe essere distribuita su tutti i Paesi dell’Unione. Allora, soltanto in questo modo, operando una gestione del sistema di asilo a livello generale europeo, le persone pur arrivando in un singolo posto, possono poi muoversi all’interno dell’intera Unione.

D. - La richiesta del Presidente Obama alla Cancelliera Merkel di un vertice internazionale sull’immigrazione fa pensare che il problema non sia solo del Mediterraneo, ma che sia invece un problema globale, non solo europeo?

R. – Certamente. Io amo chiamarlo, più che problema, il “fenomeno” delle migrazioni. Questo è un fenomeno globale. Noi sappiamo dall’Organizzazione Mondiale, che si occupa di rifugiati, che ormai nel mondo sono circa 60 milioni le persone che fuggono da guerre e da persecuzioni. E soltanto un milione di essi arriva in Europa. Quindi ci occupiamo soltanto di una piccola parte di questo fenomeno che invece interessa tutto il pianeta. La gestione deve essere internazionale, e poi ogni singola regione deve prendersi la responsabilità di affrontare il fenomeno all’interno del proprio territorio. 








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