Urne aperte oggi dalle 8 alle 19 ora locale in Portogallo, dove 9.7 milioni di aventi diritto sono chiamati a eleggere il nuovo capo dello Stato. Un’elezione da record, quella di oggi, perché i portoghesi si troveranno sulla scheda una rosa di 10 nomi, ma avrà la meglio solo chi riuscirà a superare la soglia critica del 50% dei voti. Al caso contrario si andrà al ballottaggio, già previsto per domenica 14 febbraio. Il vero spettro che aleggia su questa tornata elettorale è però l’astensionismo. Alle ultime presidenziali di cinque anni fa toccò il 53.48%.
Favorito il candidato di centro-destra
Secondo gli ultimi sondaggi diffusi venerdì scorso,
prima della giornata di silenzio elettorale di ieri, il favorito a occupare per i
prossimi cinque anni Palacio de Belem è Marcelo Rebelo de Sousa, ex presidente dei
socialdemocratici di centrodestra, che dovrebbe riuscire ad aggiudicarsi tra il 52
e il 55% dei consensi. Politico di esperienza e da 15 anni protagonista dell’analisi
politica in tv, de Sousa durante la campagna elettorale si è mostrato anche piuttosto
conciliante con il nuovo premier socialista, Antonio Costa, eletto nell’ottobre scorso.
Gli avversari di sinistra
Il principale avversario di de Sousa alle elezioni
di oggi è Antonio Sampao da Novoa, ex rettore dell’università di Lisbona, che secondo
le previsioni non dovrebbe andare oltre il 17-22% dei voti. I rivali socialisti del
candidato di centrodestra, infatti, scontano la frammentarietà con cui si sono presentati
alle elezioni, con ben 5 candidati su un totale di 10. Tra gli altri, ci sono l’ex
ministro socialista, Maria de Belem Roseira, e tra le new entry Marisa Matias,
eurodeputato del Blocco di sinistra, molto vicina agli spagnoli di Podemos e ai greci
di Syriza.
L’addio alla politica del presidente uscente
Chiunque vincerà, andrà a sostituire il 76.enne Anibal
Cavaco Silva, simbolo dei conservatori portoghesi, che dà l’addio alla politica dopo
aver guidato il Portogallo sia come premier tra la metà degli anni Ottanta e Novanta,
sia come presidente con due mandati consecutivi che gli impediscono – come recita
la Costituzione – di candidarsi per un terzo. (R.B.)
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