2016-01-24 09:01:00

Secam: teologia migrazioni, chiusa prima Conferenza per l'Africa


Si  è conclusa nel pomeriggio di ieri a Brazzaville, nella Repubblica del Congo, la prima Conferenza sulla teologia della mobilità umana in Africa, voluta dal Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam). Il servizio di Jean-Baptiste Sourou:

Rispondendo all’appello lanciato loro giovedì scorso dai vescovi, durante la cerimonia di apertura dei lavori, la cinquantina di convegnisti ha lavorato con impegno e slancio per trovare vie nuove per la pastorale della migrazione in Africa. Le relazioni, molto stimolanti,  erano divise in tre gruppi: teologico-pastorale, sociopolitico e storico.

E’ stata fatta una rilettura degli eventi in Africa, dagli anni Sessanta, il periodo delle indipendenze, fino ad oggi, per scoprire nelle pieghe della storia i germi delle migrazioni. Al periodo dell’autonomia ritrovata, è ben presto succeduta un’era di ricerca di identità politica conclusasi con l’arrivo dei regimi militari. Essi volevano raddrizzare gli errori dell’inizio che bloccavano il funzionamento degli Stati, ma hanno finito per confiscare tutte le libertà e i diritti dei cittadini. Quella esperienza militare ha condotto alla fine molti Paesi al fallimento con gravi crisi sociali, economiche e politiche. Iniziano negli anni Novanta, in molte nazioni, le Conferenze nazionali per facilitare il passaggio pacifico dalla dittatura alla democrazia. "Purtroppo, ha fatto notare un relatore, la democrazia non è stata sinonimo di sviluppo economico per le popolazioni",  in particolare per i giovani. In più, lo sfruttamento selvaggio e sconsiderato delle risorse naturali e dell’ambiente "ha un impatto negativo sulle popolazioni", che si ritrovano con terreni fertili e fonti d’acqua totalmente inquinate da prodotti tossici. La deforestazione sta distruggendo l’ecosistema di intere zone. E’ stato anche sottolineato come alcune zone, storicamente poli di attrazione economica per migranti all’interno dell’Africa, siano state destabilizzate da guerre di ogni genere. Tutte cause che  impoveriscono ulteriormente le comunità, aggravano le tensioni e spingono popolazioni intere sulle vie della migrazione.

A livello pastorale, sono state fatte proposte coraggiose. Un teologo congolese ha suggerito di andare oltre il fatto di considerare "il migrante soltanto come qualcuno che ha bisogno di aiuto e di solidarietà" per vedere in lui "la vittima di una situazione nella quale potrei avere anch’io una responsabilità". Basandosi sulla figura di Giuseppe in Egitto, un altro teologo ha suggerito di vedere nell’immigrato "un’opportuna da accogliere" perché egli viene "con tutti i suoi talenti da investire nel Paese di arrivo". L’esperienza delle comunità ecclesiali di base è stata anche suggerita come via percorribile. 

Considerando infine la migrazione come "un segno dei tempi per la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa", l’assemblea ha suggerito che la gerarchia ecclesiale in Africa rifletta, analizzi e decida il cammino da seguire. Essa deve organizzarsi perché ci vogliono delle azioni concrete e forti che devono includere una pastorale audace presso l’Unione Africana, presso la quale è osservatore il Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam). "La migrazione non si può fermare perché è un fenomeno naturale, ma quella forzata è da combattere affrontandone le cause", ha affermato la Conferenza. La Chiesa in Africa, come ha suggerito il segretario generale dell’Acerac, padre Mesmin Prosper Massengo, deve "vigilare, vegliare, e profetizzare" con molto coraggio nella lotta contro le cause delle migrazioni forzate dentro e fuori il continente.








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