2016-01-25 13:40:00

Conferenza internazionale a Parigi su abolizione utero in affitto


Unioni civili sempre in primo piano in Italia a pochi giorni dal Family Day del 30 gennaio. E’ polemica sull’apertura da parte della presidente della Camera Boldrini alla stepchild adoption, ovvero l’adozione del figlio del partner che secondo molti introdurrebbe la pratica dell’utero in affitto. Proprio all’abolizione universale della maternità surrogata sarà dedicata a Parigi una conferenza internazionale che si aprirà il prossimo 2 febbraio all’Assemblea Nazionale. Paolo Ondarza ne ha parlato con Il costituzionalista Carlo Cardia:

R. – È una manifestazione che riunisce culture, sensibilità diverse, e anche alcune lontane dalla sensibilità religiosa. La promotrice è Sylviane Agacinski, che è moglie di Lionel Jospin, ed è una esponente del femminismo storico. Ad un certo punto, visto anche il consenso che riceveva da femministe, personalità della cultura di sinistra, in Europa e negli Stati Uniti, ha pensato di riunire a Parigi, una coralità internazionale, mettendo al centro il problema della maternità surrogata come violazione della dignità della donna e come strumento poi di scissione della maternità biologica da quella sociale.

D. – Colpisce che chi, storicamente, ha sempre tutelato e difeso il diritto della donna a disporre del proprio corpo, oggi dica a chiare lettere: “Avere un figlio non è un diritto. Un figlio non è merce di scambio”…

R. – Il motivo forse è che io vengo da una cultura di sinistra, sia pure moderata, però io questa contraddizione io non la sento. Perché l’idea di fruire del proprio corpo è stata lanciata in un’epoca in cui vi erano una serie di discriminazioni nei confronti della donna; però, attenzione: fruire del proprio corpo è una cosa, sfruttare quello degli altri le femministe non lo hanno mai chiesto. Cioè, a loro modo, Agacinski e le altre sono molto più coerenti di alcuni gruppi femministi che invece accettano questo tipo di pratica. Tanto è vero che la Agacinski cita il vecchio Karl Marx, che dice: “L’uomo non deve essere usato come merce”. L’uomo come persona, eh? La persona, la donna, che si presta alla surrogazione di maternità deve stare per nove mesi o quello che è il tempo della gestazione e seguire le indicazioni del committente: una sorta di riduzione servile. In queste parole c’è una sensibilità universale; sono concetti che abbiamo tutti nella nostra mente: non usare l’altro come mezzo, non usare l'essere umano come merce. Ecco, in questo il Forum di Parigi è un elemento che parla un linguaggio universale.

D. – Sta crescendo effettivamente la coscienza attorno alla barbarie insita nella pratica dell’utero in affitto. Particolarmente in Italia se ne sta parlando in questi giorni in relazione al Ddl Cirinnà. A livello generale, si riscontra anche come nel dibattito pubblico e politico si parli spesso di diritto per le coppie omosessuali ad avere un figlio e quindi si lasci in un certo senso aperta la porta alla pratica dell’utero in affitto…

R. – Più che aperta una porta, a volte la surrogazione di maternità è uno strumento tipico per soddisfare questo desiderio da parte delle coppie omosessuali. Però lei ha toccato un punto cruciale quando ha detto: “il diritto ad avere un figlio”. Qui si è rovesciato il linguaggio dei diritti umani. I diritti umani non parlano del “diritto ad avere un figlio”: è il figlio che è soggetto di diritti. Ha diritto ad avere un papà e una mamma. Pensi che la Convenzione sui diritti del fanciullo parla di una “speciale” tutela della maternità e dice: “Salvo in casi eccezionali, il bambino non può essere separato nella prima fase della sua età dalla mamma”. Ora, queste parole sono state dette in un’epoca in cui questo concetto era talmente normale che era il primo diritto, ovvio! Quindi, quando si sente parlare di “diritto ad avere un figlio”, attenzione! È il figlio che ha diritto ad avere i genitori. Se no si rovescia tutto e allora il figlio diventa oggetto di diritti altrui.








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