2016-01-25 14:30:00

Trattato Schengen: sfida per Ue. Ministri Interno ad Amsterdam


Il Trattato di Schengen per la libera circolazione delle persone è al centro oggi di una riunione ad Amsterdam, in Olanda, dei ministri dell’Interno dell’Unione Europea. E mentre la politica segna il passo continua la pressione alle frontiere dei flussi migratori. Il servizio di Roberta Gisotti:

Sul fronte immigrazione e sicurezza sembra giocarsi la tenuta dell’Unione Europea. Tanto che non si attendono decisioni dal vertice di Amsterdam ma solo un confronto serrato su posizioni divergenti che per ora non hanno trovato sintesi ma solo ricorso ad eccezioni alla norma sottoscritta nel Trattato di Schengen, previste in caso di eventi prevedibili o che richiedano un’azione immediata. Ad oggi sono sei i Paesi - Danimarca, Francia, Germania, Austria, Norvegia e Svezia - su 26 dell’area Schengen, che hanno reintrodotto controlli alle frontiere interne. Parigi lo ha fatto a seguito degli attentati terroristici, gli altri per far fronte al flusso eccezionale di migranti. Ad Amsterdam si parlerà anche della proposta del premier sloveno Miro Cerar di rafforzare le frontiere tra Grecia e Macedonia, che ha già ricevuto apprezzamenti da diversi Paesi dell’area Schengen e in via informale dalla stessa Commissione europea. Atene chiede invece maggiore assistenza dall’Ue, attraverso il programma Frontex, per rimpatriare i migranti illegali in Turchia. Di fatto oggi non si può parlare più di libera circolazione nell’area Schengen, mentre i migranti continuano a patire, fino a morire soprattutto in mare. Al nostro microfono abbiamo il prof. Giandonato Caggiano, ordinario di Diritto dell’Unione Europea all’Università “Roma Tre”:

R. – La discussione è quella di verificare se queste chiusure temporanee resteranno tali oppure se l’intero sistema andrà in crisi, con una sospensione di due anni, pure prevista dalle regole nell’art. 26 del Codice frontiere, che non è mai stato usato e che forse sarebbe veramente la fine di Schengen!

 D. – I Paesi che sono usciti dall’area del Trattato sono ricorsi in realtà a delle eccezioni che sono previste nel Trattato…

R. – Sì, le eccezioni fino ad oggi utilizzate sono sospensioni a seguito di arrivi imprevedibili di persone dalle frontiere; sono eccezioni per un periodo breve che giunge fino a 6 mesi, rinnovabile sempre con una valutazione da parte della Commissione Ue sulla proporzionalità della misura adottata rispetto al contesto migratorio in atto. Ma qui si parla di due anni e si parla non di alcuni Stati, perché sarebbe una raccomandazione della Commissione che si potrebbe imporre a tutti.

D. – Quali scenari si aprono sul piano concreto, pratico?

R. – Questo è un flusso dovuto al rischio della vita. Queste persone hanno situazioni disperate: cercano e cercheranno sempre un passaggio. Attualmente addirittura di fronte alla chiusura delle frontiere della Germania, stanno andando al Circolo Polare, passando dalla Russia e poi ripiegando verso la Finlandia e la Norvegia. E’ qualcosa di inarrestabile, perché sono persone terrorizzate, persone che non sanno come sopravvivere. L’Europa, dunque, deve trovare una soluzione. E’ veramente una situazione che va risolta alla fonte, cercando la pace in questi Paesi, avendo un controllo dell’immigrazione legale. Certamente, è un momento drammatico per l’Europa.

D. – E’ pur vero che questo Trattato è nato in tutt’altro contesto storico e quindi è normale che vada rivisitato e che la politica, però, dia delle risposte in tempi brevi, perché questo è il ruolo della politica…

R. – Guardi, c’è qualcosa che non funziona, ma non è tanto Schengen, è anche il Regolamento Dublino III, nato nel ’90, quando gli Stati non erano competenti in materia. Questo Trattato ha una regola che dà la competenza non solo ad esaminare le domande, ma anche ad accogliere i rifugiati da parte del Paese, cosiddetto di primo ingresso. Insomma, sarebbe come se l’Europa fosse un grande condominio, in cui l’Italia e la Grecia sono al piano terra e dove tutti devono passare dal piano terra per andare al settimo, al sesto, al quinto, al quarto piano… e si fosse cristallizzata la regola che se passano dal piano terra, devono restare al piano terra.

D. – E’ giusto, quindi, dire che il tema dell’immigrazione è un banco di prova ineludibile per la tenuta dell’Unione Europea?

R. – Assolutamente. Non è possibile far parte di una casa comune e poi dire che invece no, questo è un problema di alcuni Paesi, perché oggi questo problema diventa concreto per tutti. Ora è impensabile che il problema dei rifugiati sia limitato e che il contagio di questa patologia non riguardi anche gli altri elementi dell’integrazione e, ahimè, soprattutto, anche la parte dell’economia e della moneta.








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