2016-01-26 11:23:00

Bentivogli su Ilva: assurde divisioni, pensare al futuro dell'azienda


Centro di Genova oggi in tilt per il corteo dei lavoratori dell’Ilva aderenti alla Fiom Cgil. Gli operai manifestano contro la messa in discussione dell'accordo di programma del 2005 che garantiva il mantenimento dei livelli occupazionali e la continuità di reddito per i dipendenti dell'azienda. Contrarie alla protesta Cisl e Uil. Alessandro Guarasci ha sentito Marco Bentivogli, segretario generale della Fim Cisl:
 

R. – Le divisioni si possono scontare, ma se servono ad obiettivi non di carattere politico, se servono a fare passi avanti tutti insieme. In realtà, la scelta della Fiom è assolutamente assurda, a mio avviso, perché il problema dell’Ilva, a dieci giorni dalla scadenza del bando, è se l’Ilva avrà futuro e non se l’accordo di programma, che dura da oltre 10 anni, sarà prorogato o meno o addirittura se ci sarà il ministro ad una riunione. Arrivare ad intimidazioni di altri lavoratori e forzarli rispetto alle loro stesse volontà in un sciopero, peraltro separato, ci sembra una cosa inaccettabile! E poi che sia accaduto proprio all’anniversario dell’omicidio di Guido Rossa è ancora più assurdo…

D. – Ma, secondo voi, questa azienda ha ancora un futuro? E soprattutto come, secondo voi, si sta muovendo il governo?

R. – Si è fatto di tutto perché questo futuro non ci sia! Il governo, in troppi casi, ha lavorato per tentativi, ascoltando anche poco quelli che erano i consigli di chi si occupa di acciaio dal punto di vista sindacale e imprenditoriale da più tempo. L’Ilva non può che avere futuro, perché in gioco c’è la nostra sovranità industriale: noi siamo un Paese povero di materie prime e il 40 per cento dell’acciaio viene proprio da Taranto. Qualora non ci dovesse essere più Taranto, sarebbe un vero problema di sovranità industriale.

D. – Ma, secondo voi, ad oggi vi sono compratori – diciamo – credibili?

R. – Ci sono delle manifestazioni di interesse, a quanto sappiamo, italiane e estere. Per adesso gli italiani che si sono fatti avanti erano spesso molto speculatori rispetto alle intenzioni: volevano cioè, in qualche modo, dividersi le spoglie del più grande siderurgico d’Europa, che è appunto l’Ilva. Ci auguriamo che, tra italiani e esteri, la questione importante sia il piano industriale: bisogna produrre almeno 8 milioni di tonnellate di acciaio l’anno; bisogna recuperare il ritardo nell’ambientalizzazione, perché le prescrizione dell’Aja appunto, che portano Taranto ad essere uno stabilimento non inquinante, sono ancora troppo lente e quasi ferme. Bisogna fare entrambe le cose e soprattutto bisogna difendere l’occupazione: ci sono quasi 20 mila lavoratori solo a Taranto in gioco….

D. – Per chiudere: auspicate e chiedete un incontro con la Fiom, quantomeno per avere una strategia comune?

R. – Abbiamo chiesto – io personalmente – al segretario della Fiom di abbassare i toni e di trovare un terreno di convergenze. E questo dovrebbe far riflettere. Invece, a quanto pare, è importante dar fuoco alle polveri! Però le divisioni nei rapporti, anche personali tra i lavoratori, rischiano di essere un elemento che perdurerà. E questo è sempre sbagliato!








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