2016-01-28 12:45:00

Pace in Centrafrica. Il nunzio: la voce del Papa è stata ascoltata


In Centrafrica, per difficoltà organizzative, è stato posticipato a data da destinarsi il secondo turno delle elezioni presidenziali. La situazione nel Paese appare più tranquilla rispetto alla guerra civile che ha colpito il Paese sino ad alcuni mesi fa. L'attenuarsi delle tensioni è dovuto, in particolare, al messaggio di pace lanciato da Papa Francesco durante il suo viaggio apostolico nel Paese lo scorso novembre. Ricordiamo che il Pontefice ha aperto la Porta Santa della Cattedrale di Bangui, in anticipo sull'inaugurazione ufficiale del Giubileo della Misericordia. Hélène Destombes ha chiesto al nunzio apostolico a Bangui, mons. Franco Coppola, se dunque la voce del Papa sia stata ascoltata dai centrafricani:

R. – Sì: è stata ascoltata … Penso alle donne che l’hanno accolto al campo degli sfollati cantando: "Il Papa è venuto, la pace è venuta". Il suo messaggio è stato ripetutamente questo: "Siete tutti fratelli". Una popolazione abituata da tre anni a dividersi, è stata richiamata dal Papa a vedere quello che la univa. E attraverso la sua visita, ha visto che veramente erano tutti fratelli, perché tutti accoglievano con la stessa gioia e la stessa esultanza il Papa che andava a trovarli. Ed è andato a trovare veramente tutti: è andato a trovare la comunità protestante, è andato a trovare i musulmani. C'era una grande paura, prima, da parte della comunità cristiana: paura per il Papa, paura dei musulmani in generale – “Chissà che cosa vanno a fare!” – e vedere l’esultanza con cui l’hanno accolto, l’esultanza con cui l’imam l’ha accolto, tanto calorosa che poi il Papa gli ha ricambiato invitandolo a salire sulla papamobile! Credo che sia il primo imam che sia salito sulla papamobile per salutare la gente … E la gente, questo gesto l’ha accolto veramente con un grande applauso, con grande gioia. Credo che sia stato questo: prendere coscienza di questa realtà, che tutti avevano dentro, ma avendo paura dell’altro. E il Papa ha fatto scoprire che siamo fratelli e che vogliamo la pace.

D. – Questo ha permesso che le elezioni potessero realizzarsi in un clima sereno; però, purtroppo le legislative sono state annullate. Si possono temere nuove violenze in seguito a questo annuncio?

R. – Non credo, onestamente, che ci saranno. I due movimenti che si contrapponevano, dopo la venuta del Papa, hanno provato ancora a riprendere in mano la guida di questa lotta, impedendo alla popolazione – attraverso spari in aria, creando un po’ di confusione – di andare al referendum sulla Costituzione che si svolgeva giusto la domenica dopo la venuta del Papa. Ma la popolazione, questa volta, non ha fatto come le altre volte, che si chiudeva in casa e accettava la minaccia delle milizie: è uscita di casa, è andata al quartier generale dei Caschi Blu e ha chiesto loro di essere protetta perché loro volevano votare. E con i cartelloni hanno indicato nome e cognome delle persone che sparavano, chiedendo che fossero arrestate. E’ stata la prima volta dall’inizio della crisi in cui la popolazione si è chiaramente desolidarizzata dai movimenti armati. E il giorno dopo i Caschi Blu si sono organizzati e il referendum si è tenuto regolarmente. Da allora, le milizie armate non hanno più mosso un dito. Anche il leader più pericoloso di cui si parlava, un certo Noureddine Adam, che voleva addirittura separare il Centrafrica, fare un Centrafrica del Nord arabo e musulmano, è scappato, è andato via dal Paese. Quindi, le milizie hanno abbandonato, si sono rese conto che non hanno più presa sulla popolazione. E la popolazione vuole la pace. E la popolazione – la stragrande maggioranza! – si è resa conto di essere più forte delle milizie. E per questo, il primo turno delle elezioni si è svolto tranquillamente: quasi l’80 per cento della popolazione è andata a votare, hanno accettato il risultato anche se è stato sorprendente – non era quello che ci si aspettava, e questo anche la dice lunga sul fatto che i brogli che si temevano non si sono realizzati, perché le persone che il regime o le grandi potenze pensavano o immaginavano come futuri dirigenti, non sono stati eletti, di fatto: sono degli “outsider”, quelli che sono venuti fuori. E anche lunedì scorso, quando la Corte Costituzionale ha dato il suo giudizio definitivo e inappellabile sui ricorsi, tutti i candidati – anche quelli perdenti – hanno accettato il verdetto e hanno detto che ora si sarebbero occupati di vedere con chi allearsi. Per cui, non ho timore che in futuro ci siano queste violenze. Le legislative sono state annullate per una questione tecnica. Infatti il Paese è molto grande: il Centrafrica è il doppio dell’Italia, ma poco popolato, ha solo quattro milioni e mezzo di abitanti. Ci sono villaggi sperduti e molto isolati, quindi molto difficili da raggiungere. Per cui ci sono state zone nelle quali le schede non sono proprio arrivate e le schede elettorali per le legislative erano molto più complicate di quelle per le presidenziali: quelle per le presidenziali erano uguali per tutto il Paese; è stato stampato un milione di schede e sono state distribuite tutte, ovunque. Nelle circoscrizioni, invece, ogni scheda era secondo la circoscrizione, con i candidati di quella circoscrizione. Allora, se – per esempio – in una circoscrizione un seggio non ha avuto le schede e quindi mille persone non hanno potuto votare, a livello delle votazioni nazionali in cui c’è una differenza di circa 100 mila voti tra il primo e il secondo e fra il secondo e il terzo, il fatto che mille non abbiano votato, anche se avessero votato tutti per il terzo, non gli avrebbero permesso di diventare secondo. E quindi è stato accettato e convalidato il risultato delle presidenziali. Mentre invece per le legislative, quei mille voti possono cambiare il risultato, ed è per questo che le legislative sono state annullate: perché non c’era stato tempo sufficiente per prepararle per bene. Ora si spera che l’idea che c’è è quella di approfittare del secondo turno delle presidenziali per recuperare il primo turno delle legislative e poi fare in seguito il secondo turno.

D. – Le sfide, nel Paese, a livello sociale ed economico sono sempre le stesse; ma si può dire, almeno a livello della sicurezza, dell’atmosfera, che c’è stato un “prima e dopo visita del Papa”?

R. – Indubbiamente, indubbiamente … Prima della visita del Papa le due comunità erano veramente separate. C’erano queste milizie che avevano interesse a creare questa separazione e avevano proprio odio gli uni contro gli altri, e la popolazione era vittima di queste milizie e restava bloccata. Le suore che noi abbiamo in nunziatura avevano paura del km5: “I musulmani chissà che cosa fanno!”. Il fatto che nella sua visita il Papa sia andato in questi posti, in questi posti che erano off-limits, che erano vietati, i cristiani hanno visto che il Papa è stato bene accolto: non solo bene accolto, accolto con esultanza, con gioia dai musulmani. E la gente ha visto che “gli altri” erano come loro, che hanno gli stessi desideri, le stesse aspirazioni … Da allora, non ci sono più zone off-limits nella capitale. Il km5 è famoso perché vede la presenza della parte musulmana del Centrafrica e perché è il grande mercato della capitale; i musulmani sono essenzialmente mercanti: mercanti arabi che hanno grandi relazioni, grandi possibilità di commercio, mentre invece i centrafricani non sono molto attivi da questo punto di vista. Il mercato centrale del km5 ha ripreso: i cristiani ci vanno tranquillamente, i musulmani hanno ripreso a fare affari, la vita è ripresa normalmente! Un segno piccolo, concreto dalla nunziatura: la nunziatura si trova su una strada che porta al km5: siamo a un chilometro e mezzo di distanza, all’incirca. Prima della visita del Papa, al calare della sera, anche per il fatto che non c’è illuminazione pubblica, era deserto. Ora, la sera, la gente passeggia lo stesso, anche le donne escono, nonostante il buio. Quindi, c’è una grande sensazione di sicurezza.

D. – Come si vive, oggi, questo Anno Santo, in Centrafrica? Un anno che è stato inaugurato alle periferie delle periferie, a Bangui, da Papa Francesco?

R. – Questa è una delle cose che ha più colpito i centrafricani. Il Centrafrica è abituato, in tutte le classifiche mondiali a essere, quando va bene, terz’ultimo. Per la prima volta, è stato primo! Il Papa lo ha messo al primo posto per l’Anno Santo, e anche in un modo assolutamente inatteso: non è mai successo che l’Anno Santo venisse aperto fuori Roma. Loro hanno colto questo privilegio straordinario che è stato loro riservato. Ed è stato importante, prezioso, perché finora la gente parlava soltanto immaginando la fine di questa crisi, del fatto che bisognava rendere giustizia, che bisognava far arrestare i colpevoli, che bisognava punirli … Non si riusciva ad andare al di là. Però, finché i colpevoli dovevano essere arrestati ma conservavano le armi, era difficile arrestarli: se hanno le armi, si difendono. Il Papa ha introdotto con l’Anno Santo della Misericordia il concetto della misericordia e del perdono, ricevuto e offerto. Sapere di essere perdonati dal Signore nonostante il male fatto e quindi essere capaci di perdonare a nostra volta i nostri debitori, come si dice tante volte. La Chiesa stessa, davanti all’enormità del male che veniva commesso, non aveva abbastanza coraggio di predicare questo. Il Papa, con l’Anno Santo e aprendo la Porta della Misericordia, è stato il primo che ha usato questi termini: “perdono”, “misericordia”. Citando lui, anche i vescovi, anche i preti ora hanno preso coraggio: il coraggio di annunciare questa possibilità, questa via diversa che la Chiesa e la fede offre loro. Scoprire innanzitutto che ciascuno ha in qualche modo le mani, se non proprio sporche di sangue, quantomeno “sporche” per questa crisi; quindi, scoprire prima di tutto che lo sguardo con cui Dio ti guarda è uno sguardo misericordioso, uno sguardo che si dimentica del passato e guarda avanti, vuole guardare avanti e ti chiede di fare allo stesso modo con gli altri. Quindi: scoprirsi perdonati, scoprire la misericordia del Signore e, in base a questa misericordia, avere il desiderio di essere misericordiosi nei confronti dei fratelli. E questa è la dimensione del perdono che i centrafricani stanno riscoprendo, proprio grazie a questa iniziativa del Papa.








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