2016-01-29 12:19:00

Burundi: scoperte nove fosse comuni a Bujumbura


Almeno nove fosse comuni sono state rinvenute nei pressi di Bujumbura, capitale del Burundi. E' quanto denuncia Amnesty International, sulla base di testimonianze dirette di operatori sul posto e del confronto con immagini satellitari che evidenziano la presenza di terra rimossa, chiaro segno di tumulazione. Le uccisioni risalirebbero all’11 dicembre scorso, quando circa 90 persone vennero massacrate dalle forze governative perchè in contrasto con il presidente Nkurunziza, per la terza volta alla guida del Paese. Le immagini satellitari sono ora al vaglio dell’Onu e si attende la risposta dell’Unione Africana. Stefano Pesce ha intervistato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia:

R. – In Burundi è in corso da mesi una crisi profonda, con violazioni dei diritti umani diffuse, legata alla decisione del presidente, che aveva già retto il Paese per due mandati, di candidarsi al terzo e di vincere abbondantemente le elezioni. Ci sono stati attacchi massicci da parte delle forze di sicurezza del Paese, soprattutto in quei quartieri della capitale Bujumbura che sono considerati un po’ la roccaforte dell’opposizione.  L’11 dicembre è stato il giorno peggiore! In alcuni quartieri della città le forze di sicurezza hanno ucciso decine di persone e, già dal pomeriggio, c’erano segnali e notizie di fosse comuni che si stavano scavando per seppellire in tutta fretta i corpi, evitando così che emergesse la verità e la dimensione del massacro.

D. – Voi di Amnesty come siete venuti a conoscenza di questa strage?

R. – Amnesty International ha raccolto testimonianze dirette, con osservatori tra l'altro presenti nella capitale il giorno del massacro che quindi hanno potuto vedere i luoghi. E' stato fatto poi ricorso alle immagini satellitari che hanno permesso di verificare come prima dell’11 dicembre una zona di terreno fosse assolutamente piatta e, dopo l’11 dicembre, divenisse poi terreno smosso, come se si fosse prima scavato e poi ricoperto.  Quindi le prove ci sono e inchiodano il governo alla sua responsabilità! Occorre ora che ci sia una inchiesta per capire bene cosa sia successo quel giorno di dicembre.

D. – Quindi stiamo parlando di quasi 90 persone uccise per questioni politiche?

R. – Sì, sì! E’ una modalità classica, si tratta di una opposizione che, in parte anche in modo violento, ma soprattutto in modo non violento, da mesi contesta quello che il presidente Nkurunziza ha deciso di fare, ossia candidarsi ad un terzo mandato per essere eletto. In questo quadro chiunque sia sospettato di non seguire la linea del presidente, compresi i difensori dei diritti umani, compresi i giornalisti, ma anche semplici cittadini che si oppongono, diventa un bersaglio! Quel giorno ci sono state decine di morti, ma ce ne sono state altre decine nei mesi precedenti, così come in questi ultimi giorni ci sono segnali di una possibile nuova esplosione di violenza politica.

D. – Da parte della Comunità internazionale c’è la volontà di intervenire in Burundi?

R. – E’ chiaro che di fronte ad altri scenari di crisi epocali che sono in corso, quella del Burundi passa in secondo piano e diventa una delle tante crisi regionali che dovrebbero essere risolte a quel livello. Certamente ci sono state condanne da parte degli organi delle Nazioni Unite che si occupano di diritti umani, ed è stato chiesto al governo del Burundi di far entrare osservatori internazionali. Però il compito di negoziare, di risolvere questa crisi, è affidato all’Unione Africana. Ci sarà un vertice ad Addis Abeba nei prossimi giorni, ci aspettiamo che ci sia intanto una soluzione politica possibile e che però quando poi questa crisi sarà finita non esca  anche il problema dell’impunità, perché quel massacro dell’11 dicembre è uno scandalo, ma ci sono stati anche tanti altri episodi prima e dopo. L’idea che poi, una volta superata questa crisi, speriamo il prima possibile, restino al potere persone che si sono macchiate di sangue non è un bel segnale.








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