2016-01-29 10:30:00

Riconoscere in Italia lo status di apolide: lo chiede il Cir


E’ partita la campagna promossa dal Cir, Centro italiano rifugiati, denominata “#non esisto”, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’apolidia e per sostenere il disegno di legge presentato dall’organizzazione per il riconoscimento giuridico in Italia dello status di apolide. Circa 15 mila nel Paese le persone senza alcuna cittadinanza, per lo più provenienti dall’ex Jugoslavia, 600 mila in Europa. Una condizione che rende le persone invisibili, inesistenti. Ma chi è esattamente un apolide? Adriana Masotti lo ha chiesto a Christopher Hein, consigliere strategico del Cir:

R. – È definita “apolide” una persona che non viene riconosciuta da nessuno Stato come cittadino. Le cause possono essere molto diverse: spesso sono collegate allo scioglimento di uno Stato – come per esempio la Jugoslavia negli anni ’90 o anche l’Unione Sovietica – in seguito al quale nascono poi nuovi Stati. Questi ultimi mettono delle regole, e un certo numero di persone si ritrovano privi di cittadinanza nell’uno e nell’altro Stato. Nel caso italiano, effettivamente, dei 15.000 apolidi che non hanno lo status di riconoscimento dell’apolidia, la maggior parte sono cittadini dell’ex Jugoslavia venuti come profughi durante il conflitto, e tra di loro molti appartengono alle etnie Rom e Sinti.

D. – E quali sono le conseguenze pratiche dell’essere un apolide?

R. – Sono veramente terribili. Non si ha la possibilità di ottenere nessun tipo di documento; non si possono neanche registrare le nascite; non si può contrarre matrimonio; non si ha la possibilità di ottenere una patente di guida, per non parlare del documento di identità. Quindi tutto ciò che ci assicura una vita normale, come cittadino, queste persone non ce l’hanno. E quindi sono praticamente persone non esistenti, civilmente parlando.

D. – Ecco, l’Italia non riconosce l’apolidia e voi avete presentato un disegno di legge per introdurre questo status…

R. – Siamo in una situazione di limbo, e questa proposta di legge intende finalmente aprire la strada ad un riconoscimento – almeno questo – dell’apolidia, con i diritti che la Convenzione del 1954 prevede.

D. – Quindi la possibilità di avere finalmente dei documenti…

R. – Sì, i documenti, avere un permesso di lavoro, un permesso di soggiorno…

D. – La vostra campagna “#non esisto” serve proprio a sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi degli apolidi e a sostenere anche la richiesta di una legge in merito, perché di questa questione si parla poco…

R. – Si parla pochissimo anche perché sono persone – per così dire – invisibili. E poi naturalmente ha anche a che vedere con la discriminazione che esiste nei confronti dei Rom e dei Sinti. Ancora oggi i Rom soffrono molto di un atteggiamento discriminatorio, e in più se sono apolidi, figuriamoci se possono avere la possibilità di farsi capire e vedere!

D. – E come si svolgerà la vostra campagna?

R. – Innanzitutto vogliamo fare questo lancio, ricordare che esiste al Parlamento un disegno di legge. Anche all’opinione pubblica e alla stampa – ai mass media – vogliamo chiedere di assisterci nella sensibilizzazione su questo fenomeno. E, come sappiamo, questo può auspicabilmente portare a che questa legge sia messa all’ordine del giorno delle Camere. È una piccola legge - se vogliamo - che si potrebbe approvare senza grandi difficoltà, in tempi brevi, se c’è veramente un’attenzione pubblica su questo tema.

D. – L’Italia è in buona compagnia come Paese che ancora non riconosce questo status oppure gli altri si sono mossi prima?

R. – Purtroppo è in buona compagnia: sono relativamente pochi gli Stati, anche tra quelli che hanno ratificato la Convenzione del 1954, che hanno veramente una legge di attuazione di quest’ultima. Su questo c’è anche un impegno molto preciso da parte delle Nazioni Unite: in tale ambito c’è anche un’azione, prevista entro il 2025, di arrivare all’abolizione del fenomeno dell’apolidia, spingendo gli Stati a facilitare ulteriormente l’ottenimento della cittadinanza di queste persone.








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