“Sì alla cultura palliativa”: si intitola così una nota della Conferenza episcopale francese, a firma di mons. Pierre d’Ornellas, responsabile del Gruppo di lavoro sul fine-vita. Il documento arriva dopo che, il 27 gennaio, l’Assemblea nazionale ha adottato definitivamente la legge “Claeys-Leonetti” dedicata proprio al fine-vita. Frutto di un lungo dibattito e di diverse revisioni, la normativa - presentata da due deputati di opposti schieramenti, il socialista Claeys e il neogollista Leonetti - introduce il diritto alla "sedazione profonda, continua" e irreversibile fino alla morte, per i pazienti in fase terminale che ne facciano richiesta anche anticipatamente per rifiutare l’accanimento terapeutico. Tali disposizioni sono vincolanti per i medici che non potranno opporvisi.
Ogni vita è degna di rispetto. No accanimento terapeutico, sì cure palliative
Nella loro nota, dunque, la Chiesa francese parte
da tre dati positivi: in primo luogo, “i parlamentari hanno fortunatamente scartato
l’idea che una vita possa essere inutile”, dimostrando che “ogni persona è degna del
massimo rispetto fino al termine della sua vita”. In secondo luogo, la normativa vieta
l’accanimento terapeutico, ossia “ogni ostinazione irragionevole” alla terapia, e
ciò a riprova che “prendersi cura della persona è più importante del mero proseguimento
di terapie sproporzionate”. In terzo luogo, il Gruppo di lavoro esprime apprezzamento
per l’ascolto dato dal dibattito legislativo alla richiesta di molti: sviluppare gli
accessi e la formazione alle cure palliative”.
Nessuna legge può sostituirsi a valutazione
medica caso per caso
A questo proposito, infatti, il governo francese ha
messo in atto un piano triennale, stabilendo anche una valutazione annuale delle politiche
avviate nel settore. La nuova legge, dunque, dovrà “essere applicata secondo gli obiettivi,
i principi e le pratiche delle cure palliative” e di questo “molti si rallegrano”.
Nello specifico, la legge inquadra e definisce un nuovo diritto, che è quello alla
“sedazione profonda e continua che provoca un’alterazione della coscienza fino al
decesso”: si tratta di “casi rari” – scrive la Cef – ma “nessuna legge può sostituirsi
alla valutazione medica imponendo decisioni che negherebbero la singolarità caso per
caso”.
Dialogo tra medici, pazienti e familiari per alleviare sofferenze dei malati.
“In ogni situazione – si legge infatti nella nota
– l’arte medica cerca di procurare la soluzione migliore per alleviare il più possibile
il dolore e qualificare con pertinenza l’accanimento terapeutico irragionevole al
fine di rifiutarlo, soprattutto quando il paziente non è in grado di esprimere la
sua volontà”. E sarà “questa stessa arte medica – ribadiscono i vescovi d’Oltralpe
- a discernere quando l’arresto della nutrizione e dell’idratazione corrisponde alla
miglior cura da dare”, anche in base alle “direttive anticipate del paziente”. Il
tutto dovrà essere stabilito sempre attraverso “un vero dialogo tra professionisti
sanitari, malati e loro familiari”, soprattutto “nelle situazioni più delicate e nel
rispetto della deontologia medica”. Perché “questa è l’arte dell’accompagnamento guidata
dalla volontà di alleviare la sofferenza della singola persona”.
Formare personale sanitario su cure palliative e informare opinione pubblica
Poi, i presuli si soffermano sulle cure palliative,
raccomandandone “la buona pratica” in base ad “una riflessione concertata e continua
sulla loro applicazione”, così da “dissipare i timori di derive eutanasiche”. Per
questo, mons. d’Ornellas ribadisce che “questa legge è solo una tappa” di un percorso
e che occorre “prendersi del tempo per applicarla”, puntando nel frattempo ad un’adeguata
formazione del personale medico sulle cure palliative. In tal modo, “l’opinione pubblica,
grazie ad un’informazione onesta, regolare e necessaria, sarà confortata dalla qualità
dell’accompagnamento e cura del dolore”.
Occorre più fraternità verso le persone
vulnerabili
Tanto più che “di fronte al mistero della morte”,
la coscienza cerca sempre “una luce” che la guidi su “un cammino difficile ed ostico”
in cui “nessuno si avventura senza il giusto sostegno dei medici, delle persone care
e della società”. Ed è proprio in questo che “la società si riconosce degna dell’umanità”.
Di qui, il richiamo dei presuli ad una maggiore fraternità nei confronti delle persone
più vulnerabili, affinché “la cultura palliativa non faccia parte solo delle cure
mediche, ma anche della mentalità delle persone, rendendole capaci di prendersi cura
le une delle altre”. “Questa – concludono i presuli francesi – è la fraternità che
le leggi sul fine-vita sono chiamate a costruire”. (A cura di Isabella Piro)
All the contents on this site are copyrighted ©. |