2016-01-30 10:29:00

Il business degli abiti usati. Le raccomandazioni della Caritas


110mila le tonnellate di vestiti usati raccolti in Italia ogni anno: c’è chi ci ricava ingenti guadagni, molte volte finiscono in mano alla criminalità organizzata per il loro valore economico. Ma c’è anche chi li porta ai più poveri. Sono diverse le Caritas diocesane impegnate nella raccolta degli abiti usati, non a Roma dove, peraltro, stanno per essere rimossi i 1800 cassonetti gialli di raccolta abiti gestiti da cooperative, alcune delle quali coinvolte in Mafia Capitale, che poco avevano a che fare con la beneficenza. Maria Cristina Montagnaro ne ha parlato con Francesco Marsico, responsabile area nazionale Caritas Italia:

R. – Abbiamo consigliato grande cautela. Alcune Caritas, tra cui quella di Roma, hanno scelto di non sviluppare direttamente questo tipo di attività, proprio perché non potevano avere la garanzia di una filiera controllata, e questo non per quanto riguarda ovviamente la raccolta, ma riguardo al suo trattamento e al suo utilizzo finale.

D. – Ma cosa deve fare un cittadino per far sì che effettivamente i vestiti usati vengano utilizzati in modo corretto?

R. – La premessa più importante è capire che la gran parte dei vestiti usati non finisce direttamente ad una persona in uno stato di bisogno. I vestiti usati vengono perlopiù utilizzati - diciamo così - come  fossero un bene dismesso che viene poi trattato e che quindi genera valore non in quanto vestito, ma in quanto tessuto o altro. Il cittadino deve anzitutto informarsi e capire questa differenza, quindi non deve immaginare – anche un po’ ingenuamente – che quel vestito servirà per aiutare un bambino, una famiglia o una persona, ma pensare bensì di sostenere una associazione. D’altra parte, però, le associazioni devono essere trasparenti!

D. – Che cosa può quindi fare il cittadino romano che vorrebbe dare gli abiti ai poveri?

R. – In questo caso può rivolgersi – per informazioni – sia alla Caritas diocesana, per avere informazioni su realtà sociali che garantiscano una filiera controllata nello smaltimento del prodotto, oppure informarsi presso la propria parrocchia, per chiedere se fanno un servizio di quel genere e quindi, in quel caso, immaginando poi un utilizzo diretto dei beni.

D. – Gli abiti usati hanno anche un valore economico ...

R. – Evidentemente sì! Gli abiti usati sono un prodotto che, se utilizzati, appunto, come scarto e quindi non come bene da indossare, hanno, in una filiera di smaltimento, questa sì definita per legge, un loro valore economico. Questo prodotto è però sottoposto ad alcune norme, sia per quanto riguarda la raccolta, sia per quanto riguarda il suo utilizzo finale. Quindi, non più un prodotto da indossare, ma un patrimonio di fibre, di sostanze, che vengono poi utilizzate propriamente. Fa parte evidentemente di quella nuova sensibilità sul tema del recupero dei prodotti che vengono smaltiti nella filiera della spazzatura, ma con una propria specifica normativa. E’ quindi un valore. 

D. – Quale è un esempio della attività delle Caritas impegnate nell'attività, come quella ambrosiana?

R. – Dopo un lungo lavoro di controllo, di costruzione della filiera garantita da parte della Caritas diocesana milanese, la Caritas Ambrosiana, viene detto con grande chiarezza che si tratta di una raccolta finalizzata al sostegno di alcune iniziative nazionali e internazionali. Quindi, chiaramente, in quel caso le comunità parrocchiali fanno un’azione di raccolta. Il cittadino milanese, il cristiano della città di Milano, chiaramente sa che quel prodotto non sarà destinato ad essere utilizzato da qualcun altro, ma  che è destinato ad essere utilizzato come materiale e quindi destinato "a generare" un profitto che verrà poi utilizzato per iniziative benefiche. Bisogna essere chiari! E’ possibile, con un'attenzione - ripeto - a tutta la filiera di smaltimento, fare attività di questo tipo, però bisogna essere accorti, fare un lavoro di verifica e di vaglio dei soggetti che fanno questo tipo di attività per garantire, appunto, al cittadino e alla persona della comunità cristiana che vuole fare questo tipo di donazione, l’utilizzo corretto di quella risorsa.








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