2016-01-31 09:00:00

Haiti: sale la protesta contro il presidente Martelly


Ad Haiti migliaia di manifestanti sono scesi nelle strade della capitale, Port-au-Prince, per chiedere le immediate dimissioni del presidente in carica, Michel Martelly, e la creazione di un governo di transizione che vada poi a convocare le nuove elezioni politiche, rinviate già per la seconda volta. Ufficialmente, il mandato presidenziale di Martelly terminerà il prossimo 7 febbraio: se fino ad allora non si troveranno soluzioni, Haiti potrebbe trovarsi di fronte ad una forte e pericolosa instabilità politica. Ma chi sono coloro che protestano? Marina Tomarro lo ha chiesto a  Marco Bello, giornalista e responsabile del progetto Seminare il futuro del Cisv ad Haiti:

R. – Da una parte ci sono quelli che si fanno chiamare G8, i candidati alle presidenziali che si sono dissociati da questo processo elettorale e la società civile. Ultimamente anche Jude Celestin, che era candidato numero due che quindi sarebbe andato al ballottaggio adesso a gennaio, ha detto che si ritirava da queste elezioni definendole farsa. Per cui è rimasto in gara solo il candidato Jovenel  Moise che poi è il candidato del presidente Martelly. Le elezioni erano state fissate la scorsa domenica 24, ma in seguito ad una serie di manifestazioni, finalmente il consiglio elettorale provvisorio ha spostato - però sine die,  quindi senza fissare una data - le elezioni. Qual è il problema? La Costituzione haitiana vuole che il 7 febbraio scada il mandato del presidente della Repubblica ed entri in carica il nuovo presidente. Ci sono due campi: l’opposizione e la società civile che vogliono che comunque Martelly e la sua equipe di governo decadano e propongono che venga messo in piedi un governo di transizione. Nel frattempo Martelly ha chiesto la mediazione dell’organizzazione degli Stati americani. Di fatto l’opposizione è convinta che questa organizzazione chiederà a Martelly di guidare la transizione. Quindi c’è un muro contro muro molto pericoloso perché in effetti si rischia comunque il vuoto di potere a partire dall’8 febbraio.

D. – C’è questa opposizione anche verso l’Organizzazione degli Stati Americani. Quali potrebbero essere invece le soluzioni possibili?

R. – Che si formi una mediazione tutta haitiana. Di fatto ci sono dei dialoghi tra l’esecutivo - deve essere coinvolto anche il Senato - e ovviamente i partiti di opposizione e i gruppi della società civile. Per cui si definiscano un governo di garanzia, cioè delle personalità super partes che possano guidare una transizione da decidere per un certo numero di mesi, per cui si faccia - è importante - una commissione di revisione elettorale per capire effettivamente se le elezioni sono da invalidare, quali sono da invalidare, perché una parte delle legislative sarebbe da invalidare. Questo però è da verificare con una commissione, per poi indire nuove elezioni.

D. - Anche il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha espresso la propria preoccupazione di fronte a questa situazione. Dal punto di vista internazionale che cosa si potrebbe fare di più?

R. - Sappiamo che Haiti è sotto l’influenza statunitense. Ultimamente gli Stati Uniti si sono detti preoccupati della situazione. Gli Stati Uniti, che hanno sempre appoggiato Martelly, si sono detti favorevoli ad una soluzione di transizione. Di fatto la situazione è ancora bloccata. Quindi ci vorrebbe un intervento di mediazione veramente forte per riuscire a mettere allo stesso tavolo le due parti e decidere come organizzare questa transizione perché il vuoto di potere è effettivamente un pericolo e non si sa chi può prendere questo potere.

D. - Dal punto di vista umanitario, qual è la situazione e quanto può influire questa crisi?

R. - Anche i settori economici e produttivi sono molto preoccupati perché c’è stato un aumento dell’inflazione, i prezzi sono aumentati notevolmente. Tutto questo è dovuto a questo impasse politico elettorale che ormai dura da mesi. Questo si somma alla situazione molto precaria che vive la maggioranza degli haitiani. Dal terremoto ci sono state delle ricostruzioni, però di fatto c’è stata l’imposizione di zone franche di industria manifatturiera per la manodopera a basso costo. Adesso la situazione potrebbe ulteriormente peggiorare. Bisogna un po’ cercare di capire cosa potrebbe succedere a livello politico.








All the contents on this site are copyrighted ©.