2016-02-02 12:38:00

Bioeticisti britannici: verso bimbi geneticamente modificati


In Gran Bretagna, la Human Fertilisation and Embryology Authority (Hfea) inglese, ha dato il via libera al Francis Crick Institute, a modificare geneticamente gli embrioni umani, provenienti da cliniche che utilizzano tecniche di fecondazione in vitro, per comprendere il processo cruciale nelle prime fasi di  sviluppo. Si tratta del primo Paese in Europa che ha deciso di approvare questo tipo di tecnica. Obiettivo degli scienziati, quello di  studiare i geni nello sviluppo di cellule che formano la placenta e spiegare gli aborti spontanei. Proprio dal Regno Unito arriva il no deciso dei bioeticisti cattolici: "Si tratterebbe - ha spiegato David Albert Jones, direttore dell’ istituto cattolico britannico di bioetica Anscombe Bioethics Centre - di un ulteriore passo in avanti verso la creazione di bambini geneticamente modificati”. Forti le polemiche per le gravi implicazioni etiche che tale sperimentazione comporta: "Ogni ulteriore passo in avanti - ha continuato il professor Jones - è stato accompagnato da promesse esagerate per curare o prevenire le malattie, ma il vero risultato è semplicemente dar vita a sperimentazioni sempre più immorali sugli esseri umani nelle primissime fasi del loro sviluppo”. Ascoltiamo, a questo proposito, il genetista Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, al microfono di Marina Tomarro:

R. – Ci sono due temi fondamentali. Il primo naturalmente è un tema di forte rilevanza etica: si tratta di stabilire che cos’è un embrione umano; su questo sarà difficile, anche nel tempo, metterci d’accordo, nel senso che ci sono coloro – e la penso come loro – che ritengono che l’embrione umano sia un progetto biologico unico ed irripetibile, che è degno di tutto rispetto come di una persona che potenzialmente è destinata a svilupparsi. Ci sono invece coloro che ritengono che l’embrione nei primi 7-15 giorni sia un ammasso di cellule ed è privo di qualunque valore. Allora è un problema di rilevanza etica e naturalmente su questo non ci si metterà mai d’accordo. Quello che secondo me è l’aspetto su cui dobbiamo fare chiarezza è che, entro certi limiti, quello di cui si parla in queste ore è qualcosa che rientra – a mio parere – in quello che potremmo definire “la pubblicità ingannevole”, nel senso che si danno delle prospettive, delle promesse che al momento non possono essere mantenute. In poche parole, questa tecnica di re-editing del Dna, cioè della manipolazione del Dna, una manipolazione embrionica - una tecnica importantissima che da qualche anno si sta utilizzando e sperimentando anche in programmi di terapia genica - ha in questo momento un limite insormontabile. Nel momento in cui metto le mani sul Dna per fare una correzione di interesse, cerco di modificare il gene malattia, induco con un tasso altissimo di probabilità una mutazione da altre parti del genoma. Il problema quindi è molto semplice: se è una tecnica imprecisa, perché dobbiamo sperimentarla sull’embrione umano piuttosto che su quello di topo, di pollo o di coniglio? Questo è il quesito fondamentale. Non possiamo in questo momento promettere che stiamo facendo sull’embrione umano una tecnica di correzione dell’embrione umano perché di fatto nel momento in cui correggiamo qualcosa che vorremmo, rischiamo di fare un danno peggiore.

D. – Quali sono i limiti di questa ricerca e quanta possibilità c’è che approdi veramente negli ospedali?

R. – Al momento direi che la probabilità di approdare negli ospedali è vicina a zero. Mi ricordo che quando abbiamo discusso la Legge 40, c’era un articolo che diceva che si può mettere mano all’embrione per finalità di terapia. Allora, ovviamente era del tutto utopistico pensare che si poteva fare una terapia sull’embrione. Oggi questa tecnica apre a lungo termine delle potenziali prospettive, ma non siamo assolutamente ancora pronti. Quindi nessuno si illuda che una coppia che attualmente oggi è a rischio fa un embrione in provetta, questa tecnica glielo corregge e viene impiantato un embrione corretto; potrebbe essere tecnicamente corretto l’embrione del difetto che si cerca, ma c’è un’alta probabilità che si faccia un rischio di un’altra patologia. Poi c’è un altro argomento, secondo me, di fondo: nell’annuncio che è stato dato in questi giorni si è parlato di questa visione prospettica dove si garantirà attraverso la manipolazione del genoma, l’embrione perfetto. Effettivamente questo lo ritengo qualcosa del tutto utopistico, nel senso che una gran parte delle nostre malattie sono dovute non dalle strutture del genoma, ma al malfunzionamento della regolazione del genoma. Quella che si chiama l’epigenesi, cioè la regolazione del genoma, è qualcosa su cui ancora conosciamo molto poco i fattori che lo determinano. Quindi nel momento in cui vado a fare la cosiddetta manipolazione del genoma e dico: “La sequenza del Dna è perfetto”, non sono assolutamente in grado né oggi né negli anni a venire di dire che quell’embrione sarà perfetto, sarà sano.

D. – Con la modificazione dell’embrione umano a cosa si potrebbe andare incontro quindi?

R. – Qualche utopista dice: “Vado a creare un individuo perfetto fatto su misura”. Credo che questo sia un sogno molto difficile e molto lontano dalla sua realizzazione.








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