2016-02-02 14:41:00

Google è la società più ricca al mondo, boom della new economy


Il digitale batte il petrolio, Facebook vale più di Exxon Mobile e nelle prime quattro posizioni della classifica sulle aziende più ricche al mondo, ci sono solo colossi della New Economy: primo Google con il colosso Alphabet, che supera Apple, seguono Microsoft e la nuova entrata Facebook. La Silicon Valley supera quindi la Old Economy in uno scenario economico mondiale ormai incentrato su regole e attori molto diversi da quelli di solo un decennio fa. Un cambiamento epocale che interessa le nuove generazioni e che non è immune da profonde contraddizioni. Ce ne parla Carlo Formenti, giornalista e docente in sociologia dei processi culturali all’Università di Lecce e autore del libro “Felici e sfruttati: Capitalismo digitale ed eclissi del lavoro”. Lo ha intervistato per noi Stefano Pesce:

R. – Ai quattro colossi della New Economy dovremmo aggiungere cinque grandi banche e cinque grandi imprese finanziarie che controllano più del 90 per cento del capitale finanziario a livello mondiale. Questi non sono più due settori separati. Al tempo stesso questo processo di finanziarizzazione del tasso agevolato da queste tecnologie ha messo queste grandi imprese - che lavorano soprattutto con e attraverso la Rete, le tecnologie digitali - in condizione di assurgere non solo a imprese potentissime ma anche da modello di una nuova industria.

D. – Che cosa vuol dire avere un mondo dominato dalla New Economy piuttosto che dalla Old Economy come era fino a qualche anno fa?

R. - Tutte queste imprese che hanno una capitalizzazione formidabile hanno relativamente pochi dipendenti diretti. Per esempio, ad Apple fanno capo indirettamente i milioni di operai cinesi della Foxcom che lavorano per costruire iphone e quant’altro. Sono imprese che sfruttano indirettamente non tanto i propri dipendenti - che da un certo punto di vista rappresentano una sorta di élite sia dal punto di vista dei livelli retributivi che dei benefit, del welfare aziendale di cui possono usufruire - ma una massa enorme di lavoratori in condizione di precariato, sottoccupazione, …

D. - Digitalizzazione, volatilità del lavoro: che cosa comporterà per le nuove generazioni?

R. - Quello che si sta chiaramente verificando è che con l’aprirsi di questa forbice tra alto e basso aumenta il tasso di conflittualità. Sono un fattore formidabile di accelerazione della concentrazione della ricchezza in poche mani e di aumento delle disuguaglianza sociali, di status e quant’altro.

D. - La differenza tra New Economy e Old Economy sembra abbia portato anche ad un abbassamento del valore stesso del lavoro …

R. - È successo che la Rete ha messo a disposizione di queste grandi imprese, soprattutto all’inizio, la possibilità di appropriarsi gratuitamente del lavoro di masse enormi di persone. Facebook e altri social network in pratica svolgono di fatto un’attività di costruzione di reti, di relazioni sociali, di diffusione, di condivisione di conoscenze, di linguaggi e quant’altro che in passato erano delle vere e proprie attività professionali che si scambiavano contro reddito. Oggi vediamo un dimagrimento generalizzato dei dipendenti dell’industria dell’informazione - giornali, televisioni, network, - ed una riduzione drastica delle retribuzioni soprattutto dei giovani che si affacciano su questo settore produttivo.

D. - Ed è questa la vera paura delle nuove generazioni: quanto varrà il lavoro nelle future professioni digitali?

R. - Certo, e come al solito tutto questo oggi viene affidato alla libera contrattazione del mercato che si traduce automaticamente nella legge del più forte: se io sono nelle condizioni di appropriarmi del tuo lavoro senza pagarlo, lo faccio senza problemi. Il problema è sempre politico in ultima istanza.








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