“La cosa più importante, il punto iniziale è fermare questa guerra. Bisogna far tacere le armi, oggi e non domani, l’urgenza aumenta ogni giorno che passa. Sino a che vi sarà la guerra non si potranno mai risolvere i problemi anzi, il conflitto è destinato a intensificarsi”. È l’appello, lanciato attraverso l'agenzia AsiaNews, da padre Paul Karam, direttore di Caritas Libano, da quattro anni in prima fila nell’accoglienza del flusso continuo di famiglie siriane (e non) che fuggono dalla guerra.
Nel conflitto prevalgono gli interessi personali
In questi giorni il sacerdote si trova a Londra, per partecipare alla Conferenza internazionale
dei Paesi donatori iniziata oggi. “Sino a che vinceranno gli interessi personali -
avverte padre Karam - e si continuerà ad alimentare il traffico di armi, a pagarne
il prezzo sarà la popolazione civile, i poveri, quanti lavorano ogni giorno per guadagnare
il pane quotidiano per sopravvivere e dare un’educazione ai figli”.
La cosa più importante è fermare la guerra
Caritas Libano in questi anni non ha mai fatto mancate l’assistenza, garantendo non
solo cibo e aiuti ma anche sostegno psicologico e favorendo il confronto fra cristiani
e musulmani, in particolare fra i giovani. “È importante intervenire sotto l’aspetto
sanitario, garantire l’educazione dei bambini per dare loro un futuro - riferisce
padre Kamar - ma la cosa più importante è fermare la guerra. Questa è una responsabilità
della comunità internazionale, che deve trovare una soluzione per bloccare il traffico
di armi. Non si può continuare così… si trovano sempre i soldi per le armi, per distruggere,
e non per fermare le violenze e aiutare la popolazione. Dobbiamo fermare questa tragedia”.
Il cammino tracciato da Papa Francesco nei suoi appelli alla pace
Per il direttore di Caritas Libano il cammino è quello tracciato da Papa Francesco
nei suoi appelli alla pace. In questo senso il fallimento - attuale - dei negoziati
di Ginevra è fonte di “grande dispiacere”, perché le parti “devono trovare la pace
e guardare al bene del popolo, non all’interesse personale”. “Il Medio oriente è un
vulcano in subbuglio - conclude il sacerdote - speriamo che la comunità internazionale
si svegli, rilanciando la solidarietà fra i popoli e l’aiuto ai migranti”. (R.P.)
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