2016-02-04 20:10:00

Siria, dieci miliardi di dollari di aiuti. Appello da Aleppo


Dieci miliardi di dollari: tanto i donatori a Londra hanno messo sul tavolo del conflitto siriano per far fronte ai bisogni e alle emergenze di profughi e sfollati. Il doppio di quanto fu stanziato un anno fa, una gara di solidarietà alla conferenza, che però non trova riscontro sul terreno dove la guerra, dopo cinque anni, continua inesorabilmente, e dove ogni spiraglio di pace sembra chiuso dopo la battuta d’arresto di ieri ai colloqui di Ginevra. Francesca Sabatinelli:

Ne erano previsti nove, ne sono arrivati dieci di miliardi per sostenere tutti coloro che fuggono dalla guerra in Siria e i Paesi limitrofi che li accolgono. Si è conclusa con questo risultato la quarta conferenza dei donatori, quest’anno a Londra.  Un successo, si potrebbe dire, che fa però i conti con lo stop ai colloqui di pace a Ginevra, iniziati appena ieri e subito rimandati al 25 di questo mese per i dissidi tra il governo di Damasco e i rappresentanti dell’opposizione siriana e delle milizie ribelli. 

A dare conto della grande cifra raccolta è stato il premier britannico Cameron, con la cancelliera Merkel tra i principali donatori: 2,3 miliardi di euro i fondi destinati dalla Germania, seguita dalla Gran Bretagna. 400 i milioni di dollari dell’Italia e 925 quelli degli Stati Uniti. Resta però la mancanza “di sufficiente accesso umanitario alle vittime” e “l’improvvisa intensificazione di bombardamenti e azioni militari”, come denunciato dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon.

Intanto, la partita si gioca intorno alla roccaforte dei ribelli sunniti anti Assad, Aleppo. I raid dei lealisti sostenuti da Mosca e condannati dagli Stati Uniti e dalla Francia stringono d’assedio la città. Ci sarebbero anche tre bambini tra le vittime di oggi. La “situazione sul terreno è insostenibile” denuncia l’Onu e “l’escalation del conflitto è inquietante”. Lo conferma da Aleppo, il gesuita padre Ghassan Sahoui che, al microfono di Gabriella Ceraso, lancia anche un appello per la Siria:

R. – La situazione ad Aleppo sembra sempre più difficile. E’ quasi impossibile vivere dal punto di vista umano, quindi noi cerchiamo di sopravvivere.

D. – Vi sentite al sicuro in città? Quali sono le condizioni di ogni giorno?

R. – Sono giorni difficili. Anche se i combattimenti avvengono fuori, cade però qualche colpo di mortaio, e quindi la gente ha lasciato la propria casa in alcuni quartieri. Senza parlare delle altre condizioni di vita: da una decina di giorni non abbiamo acqua potabile, che è disponibile solo qualche giorno a settimana, grazie al governo. Ora, tutto questo è sotto l’autorità dell’Is. La gente cerca l’acqua dappertutto, essendo un elemento essenziale. Poi la mancanza di sicurezza, come pure la mancanza di elettricità. Ma quando chiedo, la gente dice: “Padre, possiamo anche continuare a vivere, ma sentiamo che non c’è futuro”. Quindi la gente sta cercando di fuggire, di partire. Dei quasi 150 mila cristiani che erano ad Aleppo ora ne sono rimasti forse 25 o 30 mila al massimo. Ho chiesto a qualcuno: “Cosa possiamo fare? Continuiamo a vivere così?” E questa persona mi dice: “No, padre, non possiamo fare altro che pregare”. E quindi io lancio un appello a tutti i cristiani, a tutto il mondo, di pregare soprattutto in questi giorni, in modo particolare per noi, ad Aleppo.

D. – Spero che la sua preghiera possa arrivare a quei grandi della Terra che in queste ore sono riuniti a Londra. Prima si erano riuniti a Ginevra, senza trovare una soluzione…

R. - Ma tutto quello che noi chiediamo è la pace. Senza la pace, infatti, senza trovare un modo per finire questa guerra difficile e feroce, la gente fuggirà. Anche se potremo vivere con un aiuto finanziario, quello che la gente chiede di più è la riconciliazione, la sicurezza e la pace. Sono cinque anni e non possiamo più sopportare tutto questo. La gente è davvero affaticata, è stanca, e vuole una soluzione definitiva a questa crisi.

 

 








All the contents on this site are copyrighted ©.