2016-02-09 12:47:00

I fantasiosi Momix aprono il Festival internazionale della danza


"Opus Cactus" uno dei maggiori successi della compagnia americana di danza dei Momix, guidata dal geniale Moses Pendleton, inaugura domani sera la sesta edizione del Festival internazionale della Danza di Roma della Filarmonica e del Teatro Olimpico. In tutto quattro le compagnie in cartellone, un'occasione per riflettere attraverso il movimento, le luci e i colori su tematiche e contraddizioni dell’epoca moderna, a partire proprio dal lavoro dei Momix, come racconta al microfono di Gabriella Ceraso il direttore artistico della Filarmonica, Matteo D’Amico:

R. – “Opus Cactus” è una delle più importantiproduzioni che i Momix hanno fatto da 30 anni a questa parte. In effetti, ogni volta che Pendleton concepisce uno spettacolo, lo fa con una grande cura, una grande attenzione al significato e alla tematica... In questo caso, racconta il modo in cui il corpo e la mente dell’uomo si legano ai vari ambienti naturali, in questo caso alla natura del deserto, confondendosi con essa. Soprattutto ricordando come il corpo dell’uomo sia una parte non scindibile dalla sua anima.

D. – Diversissimo dai Momix è l’altro appuntamento – il secondo – con l’Astra Roma Ballet, con la grande étoile Diana Ferrara e la coreografia di Sabrina Massignani. Uno spettacolo nuovo dedicato a George Sand. Di questa figura letteraria cosa viene trasposto in danza e che cosa conoscerà il pubblico attraverso questo spettacolo?

R. – Sappiamo che tratterà della vita di questa grande scrittrice e intellettuale e che ci saranno delle interazioni tra personaggi. La coreografa sta lavorando sulle profondità psicologiche dei personaggi, sulle loro fantasie intellettuali, nell’ambiente culturale della Parigi della prima metà del 1800. Quindi, credo sia anche un lavoro di scavo in un linguaggio coreografico, che è sempre un’astrazione rispetto alla realtà vera e propria.

D. – Concludono il cartellone due appuntamenti di danza contemporanea: quello con l’Aterballetto e il Balletto del Sud diversissimo… Ecco, sono quattro appuntamenti per mostrare quattro volti diversi della danza? Così presenterebbe il suo Festival? E c’è un filo conduttore?

R. – Direi di no. Questa edizione mi sembra un quadro il più possibile aperto. Troviamo il grande filone della nuova danza americana nata negli anni ’70, e Momix è una delle sue filiazioni. La danza di ricerca europea con i nuovi coreografi europei che è quella che segue l’Ater, la danza più aperta alla comunicazione di una compagnia italiana vivacissima, come quella del Balletto del Sud. E possiamo trovare invece una nuova coreografa, questa volta italiana come Sabrina Massignani, che presenta la novità su George Sand. Quindi, sono quattro facce dell’attività coreografica oggi all’insegna della varietà.

D. – Le tematiche che portano sul palcoscenico sono tematiche legate all’uomo, al tempo, alla natura, all’indagine interiore: dunque, la danza continua a riflettere sulla contemporaneità?

R. – Certo. E' anche proprio nel rinnovamento continuo dello stesso linguaggio coreografico che la danza ricerca. Le diverse strade che come la musica cerca di battere, di vedere, attraverso slanci, contraddizioni, ritorni indietro… Insomma, è la storia del pensiero umano, dell’arte umana come espressione della vita, e quindi anche della società.








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