2016-02-10 12:02:00

Immigrati. Hein: offrire alternative a scafisti e barconi


Nel 2014, circa 219 mila persone hanno attraversato il Mediterraneo e nello scorso 2015 questa cifra si è addirittura raddoppiata portando a mezzo milione il numero di vite in fuga da guerre e persecuzioni causando l’ecatombe di almeno settemila innocenti. Rifugiati e profughi abbandonano le loro terre a bordo d’imbarcazioni gestite dai trafficanti, toccata la terraferma compiono vere e proprie traversate tra gli Stati europei per poi vedersi sbarrare le frontiere d’accesso ai Paesi “presunti” ospitanti. Di quali siano le rotte legali dell’immigrazione se ne è discusso al convegno “Ponti non muri. Garantire l’accesso alla protezione in Europa” organizzato dal Cir, Consiglio Italiano per i Rifugiati a Roma. Christopher Hein, portavoce e Consigliere Strategico del Cir, al microfono di Francesca Di Folco, spiega quali misure potrebbero essere utilizzate per consentire a rifugiati e richiedenti asilo di arrivare in modo sicuro e legale nel nostro continente:

R. – Un meccanismo è quello del reinsediamento, che funziona in collaborazione con le Nazioni Unite, dove le persone vengono individuate nel Paese di primo asilo – di prima accoglienza o di transito – secondo i criteri della necessità, della vulnerabilità, del bisogno di avere immediatamente protezione. E questo sulla base di quote che i governi mettono a disposizione. Questo è uno strumento diciamo “tradizionale”, però rimasto fin qui del tutto insufficiente a livello quantitativo. Un secondo meccanismo è quello che inizia adesso anche in Italia: la sponsorizzazione. Ossia, ci sono o familiari del rifugiato o anche gruppi di persone, di privati – circoli – che fanno una garanzia per l’arrivo di un rifugiato, sempre da un Paese di transito o anche di origine, dove la persona è costretta alla fuga. Una terza modalità è quella di poter richiedere asilo presso una rappresentanza diplomatica di un Paese europeo in un Paese terzo. E questo non presuppone una quota prestabilita, ma chi dimostra in un preesame di avere gli elementi – di avere veramente la necessità di protezione, di non poterla trovare nel Paese dove si trova, e di avere un legame con un determinato Paese in Europa – riceve un visto umanitario e poi la normale richiesta di asilo viene esaminata una volta che è la persona è arrivata qui. L’idea è: perché una persona deve per forza arrivare a Lampedusa, in Sicilia, per presentare lì una richiesta di asilo? Non lo può fare un momento prima senza dover pagare i trafficanti, senza rischiare la vita, viaggiando in modo normale e regolare?

D. – Quali punti strategici concreti?

R. – In questo momento, l’Europa intera è davanti ad una sfida enorme, come mai era successo dalla fine della Seconda Guerra mondiale. Parliamo anche di dimensioni che solo due anni fa erano impensabili. Se è vero che abbiamo avuto più di 1,3 milioni di richiedenti asilo nell’Unione Europea l’anno scorso – e anche a gennaio di quest’anno continuano gli arrivi, innanzitutto in Grecia e sulla rotta balcanica – vuol dire che dobbiamo rapidamente trovare delle risposte che siano all’altezza di dare alle persone – che esse si trovano in Turchia, in Libano, in Giordania, in Kenya, in Etiopia, in Paesi di primo rifugio – dare loro un’opzione effettiva, diversa rispetto a quella di rischiare la vita o di arrivare in modo irregolare sui barconi.

D. – L’Agenda europea sull’immigrazione, predisposta lo scorso maggio, aveva avanzato delle proposte per rispondere a una crisi umanitaria che coinvolge migliaia di persone. Le aspettative sono rimaste disattese? L’Europa ha fallito? Dove?

R. – L’unico elemento della famosa Agenda immigrazione della Commissione europea del maggio 2015 è quello del ricollocamento a favore della Grecia e dell’Italia, che però non ha ancora veramente cominciato a funzionare. Siamo a poco più di 300 richiedenti asilo che fino a ora sono stati ricollocati, negli ultimi quattro mesi. Quindi, si rischia un "flop" se non vengono riviste anche le condizioni per le quali queste persone vengono ricollocate in altri Stati dell’Unione. Per quanto riguarda l’ingresso regolare, questo è menzionato nel documento della Commissione europea, però niente si è mosso in modo veramente concreto fino ad ora.

D. – Oltre l’Europa, quali altri Paesi giocano un ruolo determinante nello scacchiere geo-migratorio? Proprio in questi giorni il presidente della Repubblica, Mattarella, in visita da Obama, sollevando problemi riguardanti le migrazioni ha raccolto il pieno consenso del suo omologo statunitense, che si è detto disposto ad inviare ogni tipo di aiuti…

R. – Certamente, gli Stati Uniti e anche il Canada sono dei Paesi con una lunga tradizione di programmi di reinsediamento di rifugiati. Gli Stati Uniti hanno la quota più alta del mondo, 70 mila rifugiati. Penso che gli Stati Uniti siano adesso anche disposti, a favore dei siriani almeno, ad aumentare la loro quota e quindi a potenziare i propri programmi. È molto importante non pensare che ci sia solo l’Europa come territorio di asilo, ma c’è anche il Nord America e ci sono anche gli altri ricchi Paesi del Golfo e l’Arabia Saudita.








All the contents on this site are copyrighted ©.