2016-02-10 15:00:00

Primarie Usa: in New Hampshire vincono Sanders e Trump


Prosegue la corsa alle candidature per la presidenza americana. Ieri, alle primarie in New Hampshire, vittoria dei due outsiders: Bernie Sanders, per i democratici, e Donald Trump, sul fronte repubblicano. Prossimi appuntamenti in Nevada e South Carolina. Il servizio di Giancarlo La Vella:

La strada alla Casa Bianca è ancora lunga, ma il risultato del New Hampshire, seconda tappa, è sicuramente significativo se non altro per l’entità delle affermazioni. Il candidato democratico di ispirazione socialista, Sanders, si impone nettamente a Hillary Clinton, 59% a 38. Il miliardario repubblicano, Trump, si è imposto anch’egli con ampio margine sulla novità John Kasich, governatore dell'Ohio, sul texano conservatore Cruz e Jeb Bush, fratello dell’ex presidente George W. Delude Marco Rubio, il 44.enne governatore della Florida, classificatosi addirittura al quinto posto. Siamo ancora alle prime battute, ma tutti i candidati guardano ora con una certa attenzione alle prossime primarie in Nevada e South Carolina, il 20 e 23 febbraio prossimi, che precedono di una settimana il cosiddetto “super martedì” del 1° marzo, quando si voterà addirittura in 15 Stati.

Su come i due partiti guardano ai prossimi appuntamenti, con i quali la corsa alla Casa Bianca entrerà nel vivo, sentiamo Tiziano Bonazzi, docente di Storia Americana, all’Università di Bologna:

R. – I risultati del New Hampshire hanno capovolto quelli che erano stati i risultati dell’Iowa e di conseguenza sembrano esserci grandi contraddizioni. Si tratta tra l’altro di Stati molto piccoli. Il New Hampshire ha un milione e mezzo di abitanti, l’Iowa ne ha tre milioni. Quindi, bisognerà vedere se alcuni "trend" che si sono manifestati riusciranno a consolidarsi nelle prossime primarie.

D. – Sul fronte democratico, il confronto Clinton-Sanders su quali tematiche si svilupperà?

R. – Sanders è quello che in America viene definito “insorgente”, cioè è un uomo che si pone contro l’establishment del partito da cui cerca di ottenere la candidatura. È un uomo che ha una grande visione dello Stato, quasi ideologica, che naturalmente attira molto i giovani e le persone più colte. La Clinton, invece, cerca di avere i voti dell’establishment più tradizionale, dei votanti democratici più tradizionali, delle donne, ma in questo non sembra esserci riuscita. Anche tra le donne è stata in buona parte battuta dal suo avversario.

D. – Più fluida la situazione in campo repubblicano, dove sicuramente Trump è quello che fa parlare più di sé, più che altro per i suoi eccessi. Pensa che gli elettori repubblicani possano condividere le sue posizioni?

R. – Molto probabilmente Trump potrà ancora andare avanti perché, anche in campo repubblicano come in un campo democratico, c’è un vero e proprio odio per l’establishment, cioè per i vecchi uomini di partito, d'apparato. Trump tra l’altro non è un vero e proprio conservatore ma piuttosto è un populista. Da molti punti di vista, ha delle idee che non sono lontanissime da quelle di uno Stato sociale e quindi i veri conservatori repubblicani non lo amano. Però, proprio per questo invece raccoglie moltissimo le istanze popolari del Paese.

D. – Il “super martedì”, il primo marzo prossimo, con 15 Stati al voto, risolverà molte cose?

R. – Questo indubbiamente è difficile dirlo al momento. Però, nelle elezioni scorse è sempre stato un momento cruciale e sicuramente lo sarà anche questa volta. Si comincerà a capire qualcosa fra un paio di settimane con le primarie in South Carolina e in Nevada. Il South Carolina è uno Stato importante, il Nevada è più marginale, ma insomma si vedrà se i "trend" attualmente esistenti si consolideranno o meno.








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