2016-02-13 19:08:00

Usa pronti a intervento di terra in Siria. Mosca: è guerra fredda


La questione siriana continua a dividere ma l’ipotesi di un’operazione di terra nel Paese sembra mettere d’accordo diversi stati mentre l’artiglieria turca ha colpito in serata alcune postazioni delle forze curde in Siria. Intanto alla Conferenza di Monaco i leader mondiali fanno il punto sulla sicurezza. Il premier russo Medvedev afferma: siamo in una nuova guerra fredda e il primo ministro francese Valls avverte sul rischio di nuovi attentati in Europa. Cecilia Seppia

La Turchia si dice pronta ad affiancare l'Arabia Saudita in un'operazione di terra in Siria, se la Coalizione anti-Is appronterà questa strategia. La conferma arriva dal ministro degli Esteri turco, Cavusoglu, convinto che sia necessario convergere su una risposta ampia e risolutiva al conflitto che continua a mietere vittime ed ammassare profughi alle frontiere. Ankara però alla vigilia dell'auspicato cessate il fuoco, che dovrebbe concretizzarsi in pochi giorni, in serata ha bombardato alcune postazioni delle forze curde in Siria, nella provincia di Aleppo. scatenando il panico. Alla luce dei nuovi raid russi sull'opposizione, gli Stati Uniti tornano a puntare il dito su Mosca e sul suo sostegno al regime. Forte la voce del segretario di Stato americano John Kerry che ha avvertito: se "il presidente siriano Assad non terrà fede agli impegni presi e l’Iran e la Russia non lo obbligheranno a fare quanto hanno promesso, la comunità internazionale non starà di certo ferma a guardare: è possibile che presto arriveranno truppe di terra aggiuntive”. La crisi siriana oggi è stata al centro della Conferenza di Monaco, dove è emersa pure la questione del terrorismo. La minaccia è mondiale, ha detto il premier francese Manuel Valls, mettendo in guardia sul rischio di nuovi grandi attentati in Europa. Il premier russo Medvedev, ha invece contestato Kerry e chiesto di spingere sul dialogo e la pace, ma poi guardando alle relazioni tra Nato e Russia in merito alla Siria ha detto: "stiamo scivolando in direzione di una nuova Guerra Fredda". 

 

Quale sarà d’ora in poi, il ruolo del presidente Bashar al Assad nella crisi siriana? Roberta Barbi lo ha domandato ad Alberto Negri, esperto dell’area mediorientale per “Il Sole 24 Ore”:

   

R. – L’accordo di Monaco è un accordo fragile: è un accordo che è intercorso tra gli Stati Uniti e la Russia, e che stabilisce una sorta di cooperazione, anche politica, tra Washington e Mosca. Però bisogna vedere cosa faranno le fazioni in campo. Innanzitutto l’accordo non riguarda lo Stato islamico - il Califfato - e neppure Jabhat Al-Nusra; quindi, questo non significa affatto la fine dei bombardamenti ad Aleppo, intorno a quell’area. E poi c’è l’altro aspetto politico importante: le fazioni filo-saudite per il momento non hanno ancora accettato questa intesa. È evidente che l’accordo, prima che entri in vigore dovrà passare una settimana, e questa non sarà una settimana di pace: sarà già tanto se in qualche modo arriveranno aiuti umanitari nelle aree dove la popolazione sta soffrendo di più.

D. – Il ruolo di Assad è quindi più che mai centrale. Proprio dalla Conferenza di Monaco, in cui è stata siglata l’intesa, il ministro degli Esteri saudita ha affermato che rimuovere il Presidente siriano è obiettivo primario di Riyad, e che la lotta contro lo Stato islamico deve passare per forza attraverso la sua uscita di scena…

R. – Non riguarda solo i sauditi. Riguarda anche un altro attore e protagonista importante di questa guerra e di questa crisi: la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan. I turchi in pratica hanno visto frustrati tutti i loro obiettivi: loro pensavano di poter instaurare una sorta di zona di sicurezza, accompagnata anche da una “no-fly zone” (una zona di non sorvolo), ma gli Stati Uniti non gliel’hanno mai concesso; tanto più che adesso significherebbe andare a contatto stretto con i russi e con l’esercito di Assad. Non solo, ma la Turchia si è trovata alle porte di casa i curdi siriani, sostenuti da Assad e da Mosca, ma anche dall’America, che sono più forti che mai: cioè sono davanti a un’opportunità forse storica della loro vicenda. Assad non può essere buttato via dall’oggi all’indomani. Oltretutto i russi sono stati anche abbastanza chiari: il ruolo di Assad è ancora importante in quella che viene chiamata la “transizione”, una transizione che non si vede ancora, ma che fa prevedere che perlomeno un altro anno, anno e mezzo, Bashar al-Assad resta dov’è.

D. – Allo stato attuale, qual è verosimilmente il futuro politico del Presidente siriano?

R. – Secondo me il futuro politico è ancora abbastanza lungo, per quelli che sono i tempi mediorientali; nel senso che appunto c’è ancora tutto da vedere se durerà questo cessate-il-fuoco, se s’instaurerà quest’ultimo, e quanto durerà. Poi ci sono i negoziati di Ginevra, dove comunque è parte delle trattative, insieme ad altre fazioni. Oltretutto una certa parte delle stesse fazioni non erano ancora state invitate nella prima tornata di colloqui da Staffan de Mistura: per esempio i curdi siriani. Fare i negoziati senza questi ultimi appare abbastanza improbabile. Quindi c’è ancora da definire tutto il quadro delle fazioni che si siederanno al tavolo; e poi c’è da delineare quale può essere il futuro del Paese. Se, naturalmente, l’Arabia Saudita e la Turchia continueranno a insistere per l’uscita di scena di Assad, allora forse potrebbe esserci anche un negoziato su questo. Ma questo negoziato non porta di certo alla fine di Bashar Al-Assad quest’anno.








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