2016-02-13 17:30:00

Papa Francesco e Kirill, sulla strada della riconciliazione


Trenta punti, trenta strette di mano, trenta intenzioni d’amicizia, speranza e amore. Si potrebbe sintetizzare così, con questo sommario identikit, la dichiarazione comune firmata da Papa Francesco e Kirill, patriarca ortodosso di Mosca e di tutta la Russia, nello storico incontro di Cuba. Dalla tradizione comune dei primi dieci secoli e le successive divisioni “causate dai conflitti di un passato lontano o recente, divergenze ereditate dai nostri antenati” che vanno con ogni sforzo superate, fino all’accorato appello per la difesa dei cristiani, passando per la condanna delle violenze in Siria ed Iraq e lo scontro in Ucraina e in fine la difesa della famiglia naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.

“Punti chiari – spiega lo stesso Papa Francesco – che preoccupano tutti e due, ne abbiamo parlato. Con tutta franchezza. Io mi sono sentito davanti ad un fratello e anche lui mi ha detto lo stesso. Due vescovi che parlano della situazione delle loro Chiese, per prima cosa; e in secondo luogo della situazione del mondo”.

Papa Francesco e Kirill sono riusciti  a togliere un grande ostacolo dalla strada, che un domani, potrebbe portare alla piena riconciliazione. L’analisi è di un sacerdote che in Russia ha lavorato una vita, conosce bene problematiche e prospettive di un dialogo che dall’abbraccio di Cuba ha trovato nuova linfa, nuovo impulso. Lasciando sullo sfondo, quasi sfocate, le antiche dispute teologiche. Don Stefano Caprio, docente del Pontificio Istituto Orientale, ne è cosciente. Spiega: “Tutto l’ecumenismo, non solo quello russo-cattolico, ha bisogno di rimuovere i grandi macigni per poi mobilitare le energie più locali. Sono sicuro che ci sarà spazio per il lavoro a livello di ‘base’, di relazioni reciproche tra le parti delle Chiese. Credo che si possa davvero arrivare lontano”.

Ottimista è senza dubbio anche mons. Marco Gnavi, direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo della diocesi di Roma. Da grande esperto della materia qual è, nota che “questi due vescovi hanno raggiunto un punto di non ritorno contagioso anche per i popoli che fanno riferimento alla Chiesa di Roma, al Patriarcato di Mosca, e alle Chiese tutte: perché è un segno di avvicinamento. Tutti sentono  incoraggiare la propria parte migliore”.








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