2016-02-14 08:30:00

Ultimatum Ue: Grecia ha tre mesi per gestire crisi migranti


Fa discutere l’ultimatum dell’Unione Europea alla Grecia su Schengen. Atene ha tre mesi di tempo per sanare le gravi carenze riscontrate nella gestione delle frontiere esterne. Eugenio Bonanata ne ha parlato Christopher Hein, portavoce e consigliere strategico del Cir, il Consiglio italiano per i rifugiati:

R. – Non si capisce perché proprio un Paese tra i più poveri e più in crisi d’Europa in questo momento debba sopportare il peso dell’arrivo di centinaia di migliaia di rifugiati dal Medio Oriente - Siria, Iraq, Afghanistan - quando si è sempre detto che questa è una responsabilità dell’Europa. Quindi, mi sembra anche contraddittorio, da una parte, voler costringere la Grecia a tenere le persone nel proprio territorio, e, allo stesso tempo, intravedere un’operazione di ricollocamento delle stesse persone dalla Grecia verso altri Paesi. Quindi mi sembra veramente un approccio che non risolve la crisi in assoluto. E temo anche che le persone cercheranno altre vie per uscire dalla Grecia, probabilmente verso l’Albania, non escludendo neanche di attraversare l’Adriatico per arrivare in Puglia o in altre parti d’Italia.

D. – Ci sono segnali dell’apertura di questa rotta?

R. – Non mi risulta che fin qui ci siano stati arrivi nell’Adriatico. Ci sono stati e ci sono tuttora arrivi dal confine con la Slovenia, a Trieste e Gorizia. Avvengono anche in maniera crescente, però - appunto - non ancora via mare. Tuttavia, mi sembra almeno una giusta previsione il fatto che ciò potrà succedere, perché certamente non tutte le persone rimarranno in Grecia. Non potendo tornare nei propri Paesi, cercheranno altre vie per arrivare in Europa occidentale.

D. – Tra i Paesi che pensano di chiudere le frontiere c’è anche l’Austria: cosa provocherà questa mossa?

R. – Si parla di un ripristino dei controlli ai valichi di frontiera. Non penso che l’Austria voglia veramente costruire un muro all’interno delle Alpi verso il confine con la Slovenia o con l’Italia. Però anche il ripristino dei controlli alle frontiera, già di per sé, costringe le persone che hanno legami in altri Paesi a trovare il modo di entrare e transitare dall’Austria in altro modo. Aumentano così i rischi per le persone, specie in inverno, e aumenta anche il fenomeno del traffico delle persone all’interno del continente. Quindi, ogni Paese pensa di trovare una soluzione per conto proprio, quando invece è evidente che solo una risposta solidale e comunitaria può veramente essere una soluzione al problema.

D. – Cosa dire della decisione della Francia di smantellare almeno una metà del campo di Calais?

R. – Ma che fine faranno quelle persone che si trovano lì a Calais e che vogliono trovare qualsiasi modo per andare in Gran Bretagna attraversando il Canale? Con o senza campo - come è già avvenuto - rimarranno nella zona di Calais. E ci sarà quindi un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita, in attesa che si apra uno spiraglio per poter arrivare via mare o attraverso il tunnel in Gran Bretagna. Quindi sono tutte misure che vogliono provocare un effetto sull’opinione pubblica - un inganno in un certo modo - come se questa fosse una soluzione del problema.








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