2016-02-17 08:00:00

Tensione in Burundi, dall'Ue blocco degli aiuti


Continua lo Stato di tensione in Burundi, dove proseguono le violente proteste per il terzo mandato del presidente Nukurunziza. L'Unione Europea pensa di bloccare gli aiuti al governo di Bujumbura. Come interpretare quello che sta avvenendo in Burundi? Al microfono di Roberta Barbi lo spiega Fabrizio De Longis, giornalista autore del libro “L’apartheid dimenticato. La democrazia del machete in Burundi”:

R. – Il Burundi si è caratterizzato sempre per avere una guerra diffusa, una guerra civile, che non sempre ha rispecchiato dei confini precisi e delle parti precise. Indubbio che in questo momento sia molto attiva la parte tutsi della popolazione a confronto degli hutu. Il Burundi ha sempre vissuto questa divisone etnica, con una popolazione prevalentemente hutu, che si è però trovata generalmente non al governo. Negli ultimi anni Nkurunziza è arrivato al governo: un governo, però, che pian piano è andato a conformarsi come una dittatura o qualcosa di simile: si è visto con il recente rifiuto di andare ad elezioni democratiche. Quello che si è visto in questi giorni ripete quello che si è visto negli anni che vanno dal ’91 al 2005, che poi è in realtà proseguito fino al 2008, con una guerra che si è vissuta casa per casa, nelle università, con una grossa confusione tra i civili e molti infiltrati addestrati. In questo momento si parla della possibilità che il Rwanda stia addestrando i profughi tutsi, che stanno rientrando proprio in questi giorni, oltre 70 mila. Che tra alcuni di questi questo caratterizzerebbe quello che si è visto nelle guerre precedenti e cioè degli infiltrati nei movimenti hutu e tutsi che sollevano una guerra civile combattuta porta per porta, basandosi sulla divisione etnica.

D. - Sabato scorso Bujumbura è stata teatro di un’imponente manifestazione di protesta contro il vicino Rwanda, accusato di voler destabilizzare il governo burundese di Nkurunziza. Quanto sono fondate queste accuse e questo come s’inserisce in una situazione già piuttosto esplosiva?

R. – Si inserisce sicuramente come una miccia molto accesa. Forse ciò che può dare adito ad uno scontro tra le due parti: da parte di Nkurunziza sollevare accuse e trovare un avversario; e da parte degli hutu a trovare manforte, perché con una guerra civile avrebbe la possibilità di riconquistare il potere. Il Rwanda e Paul Kagame, il presidente del Rwanda, è storicamente legato ad un personaggio che ha influito tantissimo sulla storia del Burundi, Buyoya: Buyoya è stato due volte presidente, due volte presidente con due colpi di Stato; è un uomo che è uscito dal governo del Burundi costituendo un proprio esercito personale e costituendolo con fondi governativi e portando dentro questa sua milizia i maggiori gerarchi dell’esercito burundese. E questo legame che ha con Kagame e il Rwanda, in questo momento, indubbiamente si fa risentire.

D. - In queste ore, tra l’altro, l’Unione Europea dovrebbe decidere sulla possibilità di sanzioni contro il Burundi e per la sospensione degli aiuti umanitari, dopo il fallimento delle consultazioni in materia di diritti umani…

R. – Una decisione del genere sembra una decisione drastica, che andrebbe a colpire i burundesi e non di certo il governo del Burundi. Il Burundi è stato sotto embargo per oltre 10 anni e durante l’embargo esportava, ogni giorno, con un aereo che non poteva decollare, ma che decollava nei fatti, oro e diamanti… Io lo ho definito uno dei Paesi satelliti del Congo, uno dei Paesi che storicamente è stato cioè utilizzato per depredare ricchezze. Un embargo o sanzioni in questo momento comporterebbero una situazione di grande sofferenza per la popolazione, mentre i gerarchi del Burundi troverebbero modo di aggirare questa situazione. Andrebbe a colpire una popolazione che è stremata, un Paese che ha bisogno di attrarre investimenti esteri e che non la ce la fa proprio per la situazione governativa che ha; una popolazione che si trova a subire una grande carenza di cibo e soprattutto di acqua potabile… In questo modo si andrebbero a colpire i burundesi e probabilmente si andrebbe a motivare ancora di più il popolo burundese – di entrambi i fronti – a trovare in una guerra civile o in uno scontro bellico una possibilità di riscatto e di risoluzione delle controversie.

D. - Il 24 febbraio è atteso nel Paese il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. Che aspettative ci sono intorno a questa visita?

R. – L’Onu, in Burundi, non ha mai dimostrato grandi capacità di azione, dovendosi anche confrontarsi con l’Unione Africana che ha sempre rivendicato un ruolo da primario attore nell’area e soprattutto nell’area dell’Africa centrale. Io spero e personalmente mi auguro che sia l’occasione per trovare una transizione governativa nel Burundi. Ma il problema è questo: con Nkurunziza al potere, il Burundi non può trovare una situazione di pacificazione e una situazione che lo metta in un contesto internazionale, per cui si possa evitare di apporre sanzioni o altro. Tra l’altro Nkurunziza è sostenuto fortemente da alcuni governi africani: e questo va sempre sull’asse in cui il Burundi, essendo posizionato al centro dell’Africa, e quindi sull’asse che conduce dalla costa occidentale alla costa orientale dell’Africa, è strategico. Per questo molti interessi africano si trovano tra i due fronti: quelli che vorrebbero Nkurunziza al potere ancora per molti anni e quelli che lo vorrebbero destituire.








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