2016-02-20 11:46:00

Papa a Ciudad Juarez, volontario: sue parole siano ascoltate


‘Hombres migranti’

“Sono stato varie volte nelle case di accoglienza per migranti degli scalabriniani, al confine tra Messico e Stati Uniti. Quella di Nuevo Laredo, nello stato di Tamaulipas, al confine con il Texas, dove sono stato a lungo, si chiamava Nazaret. E’ stata per me un’esperienza molto importante che mi è entrata dentro in profondità, tanto da spingermi a fare riflessioni sociali, economiche, antropologiche e anche teologiche”. Andrea Cantaluppi, 69 anni, ha trascorso lunghi periodi, come volontario laico, in Messico, lavorando nelle missioni che assistono i migranti forzati, tra le tante strutture di religiosi e laici che – come ha ricordato il Papa nel suo recente viaggio nel Paese centro-americano - si spendono nell’accompagnamento e nella difesa della vita in quei luoghi ad alto tasso di miseria e criminalità. Qualche anno fa, Cantaluppi, ha riassunto questa esperienza all’estero in un libro, ‘Hombres migranti. Compagni di speranza’ (Ediesse). All’indomani dell’ultima tappa del viaggio papale, a Ciudad Juarez, conosciuta come la città degli orrori, commenta con noi le parole del Pontefice sulla “tragedia umana” delle migrazioni in questa parte del mondo.  

“Peggio della morte? La mancanza di dignità”

“Stando lì, guardando in faccia queste persone, uomini, donne, bambini, - spiega Cantaluppi - ti fai inevitabilmente una domanda: cosa li spinge a emigrare? E dove vanno?”. “Sappiamo che esiste ancora il mito del ‘sogno americano’ e queste persone vogliono andare negli Usa per dare una svolta alla loro vita. E sappiamo anche che questa svolta spesso non c’è. Quando cercavo di guardarli negli occhi e di avvertirli: ‘Guardate che è pericoloso cercare di passare la frontiera. Rischiate la morte’. Mi rispondevano: ‘Lo sappiamo’. Allora gli domandavo ancora: ‘Ma da che cosa fuggite? Cosa può esserci di peggio della morte?’. E loro mi dicevano: ‘La mancanza di dignità: perché non avere lavoro significa non mantenere la propria famiglia, buttarsi nelle grinfie dei narcotrafficanti, significa non avere nessuna garanzia per il futuro dei nostri figli’.  E allora gli domandavo: ‘Cosa farete una volta al di là dalla frontiera?’. ‘Mi bastano due o tre anni di lavoro - mi rispondeva uno di loro – e potrò comprarmi un pezzetto di terra, dove costruirò una baracca per la mia famiglia’. “Ecco – racconta Cantaluppi - erano proprio quelle parole, rivolte a un europeo come me, a darmi il coraggio di continuare quel lavoro, a confermarmi che era la scelta giusta”. “E’ facile infatti affermare di volersi dedicare agli ultimi, ai poveri, quando poi si continua a fare la vita di sempre. Lì a Nuevo Laredo, invece, si stava a 40° all’ombra, senza aria condizionata, con poco da mangiare e da bere. Si faceva la vita delle persone che bisognava aiutare”.

Costretti a fuggire     

Papa Francesco, celebrando la Messa al confine tra Messico e Usa, ha fatto riferimento anche al fenomeno della tratta di esseri umani, ricordando che le persone che fuggono dalla povertà e dalla violenza, per via di tanti “vuoti legali”, si ritrovano spesso impigliate in una “rete che cattura e distrugge sempre i più poveri”. “Immigrazione e tratta – spiega Cantaluppi – sono due facce della stessa medaglia”. “Immaginiamo – spiega – che io sia costretto a fuggire dalla mia terra, perché proprio lì hanno aperto una cava per cercare metalli preziosi e così facendo hanno inquinato le falde acquifere locali e ciò mi impedisce di coltivare il mio campo di mais. Cosa faccio? Sono costretto ad andare a vivere in quegli agglomerati subumani che caratterizzano le periferie di tante città centro-americane, dove si vive senza acqua, senza luce, senza nessuna condizione igienica e senza lavoro. Lì, le donne hanno un percorso già segnato e i bambini lo stesso”.

Bambini ‘carne da macello’

“Ricordo un giorno che con padre Francisco Pellizzari, scalabriniano, stavamo girando per Città del Guatemala. Nei bar, chiamiamoli così, della città, abbiamo contato 2.200 ragazzini obbligati a prostituirsi dietro ai banconi. E’ questo è solo un segno di questa tragedia”. “Ma se vogliamo ancora scendere nella scala più infima dell’umanità – continua Cantaluppi – dobbiamo ricordare che in quelle situazioni si incontrano moltissimi minori ‘non accompagnati’. E questi sono ‘merce preziosa’ che viene immediatamente ‘rubata’ da chiunque. I narcos, la polizia, l’esercito, chiunque abbia voglia di fare soldi facili”. “Perché – spiega il volontario – in quelle regioni un bambino può essere considerato in molti modi, in termini di sfruttamento capitalistico”. “Può essere obbligato ad arruolarsi con i guerriglieri: come spacciatore di droga, assassino o truffatore. Può essere oggetto di sfruttamento sessuale. Può essere ucciso per offrire i suoi organi a chi ha i soldi per acquistarli. Una volta mutilato, può essere messo agli incroci delle strade a chiedere l’elemosina. Vi rendete così conto di quanto può fruttare, in termini economici, un bambino”. “Nelle case per i migranti degli scalabriniani – racconta Cantaluppi – ho visto decine e decine di bambini. Al primo impatto fanno allegria: sono ‘caciaroni’, cantano giocano, corrono. Dopo un attimo però, ti viene da pensare al loro probabile futuro e ti viene da piangere, Credo sia questo quello a cui alludeva il Papa quando ha parlato di giovani che divengono ‘carne da macello’ ”.

Non restino solo ‘belle parole’

“Mai più morte e sfruttamento! C’è sempre tempo per cambiare, c’è sempre una via d’uscita e c’è sempre un’opportunità, c’è sempre tempo per implorare la misericordia del Padre”, ha detto Papa Francesco a Ciudad Juarez, celebrando la Messa alla frontiera con il Texas. Andrea Cantaluppi, da non credente, commenta le parole del Pontefice. “Sono parole molto importanti, perché oltre alla denuncia ci vuole sempre anche la speranza, altrimenti abbiamo finito di credere in noi stessi e nell’umanità. Abbiamo smesso di credere che l’uomo sia capace di rompere gli schemi negativi e andare avanti”. “La presenza del Papa in quel luogo era molto attesa”, conclude Cantaluppi. “E’ stata una presenza che ha ridato speranza agli ultimi, a quelli che non riescono a vedere un futuro. Però, è anche vero che ora il Papa è tornato a Roma. E io mi domando se chi è rimasto lì ha capito davvero le sue parole. Se saprà tirarsi su le maniche fino ai gomiti, saprà sporcarsi le scarpe, per far sì che queste parole del Papa si facciano realtà. Altrimenti, il suo resterà solo un bel messaggio. E le posso garantire – conclude – che questa gente è stufa di sentire belle parole. Spero allora che abbiano incoraggiato i migranti, la popolazione, ma soprattutto i volontari che stanno lì ad operare, affinché non si sentano più soli”. 








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