2016-02-26 09:30:00

Via libera del Senato al ddl Cirinnà. Il giurista: resta simil-matrimonio


Con 173 voti favorevoli e 71 contrari il governo ha incassato ieri sera la fiducia dell’aula del Senato al maxiemendamento sulle unioni civili. Il testo passa ora all’esame della Camera. Esulta il premier Renzi, soddisfatti gli alleati del Nuovo centrodestra, il Movimento 5 Stelle non ha partecipato al voto per protesta. Il nuovo testo non piace alle associazioni cattoliche. Servizio di Giampiero Guadagni:

La fiducia sulle unioni civili è passata coni i voti favorevoli di Pd ed Ncd ai quali si sono aggiunti quelli dell’Ala di Verdini. Per i 5 Stelle così come per Forza Italia ormai c’è una nuova maggioranza di governo. Scenario smentito seccamente dal Pd. Il premier segretario Renzi guarda alla sostanza del provvedimento e parla di passo storico. Soddisfatto anche il ministro dell’Interno Alfano, per il quale il suo partito il Nuovo centrodestra ha evitato una rivoluzione contro natura. Riferimento allo stralcio della stepchild adoption, provvedimento che però il Pd intende ripresentare in un altro disegno di legge da approvare entro al legislatura. Tra gli altri punti del maxiemendamento: sparisce l’obbligo reciproco alla fedeltà che deriva dal matrimonio;  rimane l’obbligo di mantenimento in caso di fine unione. Nel complesso il testo non piace alle associazioni cattoliche. In una nota comune Movimento per la Vita, Forum delle Famiglie, Scienza e Vita e Forum sanità parlano di confusione tra famiglia e unioni civili. E il portavoce del Family Day Gandolfini si appella al capo dello Stato Mattarella perché si faccia garante rispetto ad una legge andata avanti in sfregio alle più elementari regole democratiche.

Sui contenuti del maxiemendamento, la scheda di Paolo Ondarza:

Via la stepchild adoption e l'obbligo di fedeltà, per il resto il maxiemendamento mantiene la sostanza dell’impianto del ddl Cirinnà. Tagliati tutti i rimandi agli articoli 29-30-31 della Costituzione, le unioni civili sono inquadrate come "formazioni sociali” e regolate dagli articoli 2 e 3. Restano tutti i diritti e doveri previsti per i coniugi. Gli omosessuali potranno unirsi con rito civile alla presenza di due testimoni e lo scioglimento andrà regolato dinanzi “all'ufficiale di Stato civile”, potranno partecipare alla quota legittima in caso di successione e godere della reversibilità della pensione. Restano l’obbligo di mantenimento in caso di separazione, la separazione lampo, il cognome unico, “l'obbligo reciproco all'assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Sulle adozioni “resta fermo quanto previsto e consentito dalle norme vigenti”: i giudici quindi saranno liberi di pronunciarsi sui casi singoli. Per il capogruppo al Pd Zanda la stepchild adoption sarà materia di un ddl ad hoc che sarà approvato entro la fine della legislatura.

“Il provvedimento è incostituzionale nel merito e nella procedura” commenta Filippo Vari, docente di diritto costituzionale all’Università Europea di Roma. Paolo Ondarza lo ha  intervistato:

   

R. – La situazione mi sembra cambiata poco. Diciamo che sotto il profilo culturale, queste modifiche al ddl Cirinnà sono il segno di una fortissima resistenza nel Paese, che ha avuto successo. Sinceramente, però, rimane nel maxi-emendamento una clausola di equiparazione delle unioni civili al regime del coniugi: diciamo che l’equiparazione al matrimonio, in sostanza, resta. E anche, purtroppo, sulla “stepchild adoption” in realtà il grosso problema è che la Corte europea dei diritti dell’uomo ritiene che, una volta che le unioni civili sono poste sul piano della famiglia, poi non possa essere negata la possibilità di adottare il figlio del convivente. 

D. – E’ stato dato ampio rilievo al fatto che sia stato stralciato l’obbligo di fedeltà: restano però punti come l’obbligo di mantenimento in caso di separazione, il cognome unico, la possibilità della separazione-lampo, la questione della reversibilità … Sono tutti nodi importanti …

 R. – Determinanti! Basti pensare appunto al tema della pensione di reversibilità: cioè, noi siamo di fronte a un esecutivo che amplia, da un lato, le categorie dei beneficiari della pensione di reversibilità e poi, dall’altro lato, con l’altra mano, invece, vuole restringere la pensione di reversibilità alle vedove! Diciamo che la concorrenzialità rispetto al regime della famiglia è proprio chiara. 

D. – Un testo così formulato rischia di essere dichiarato incostituzionale, una volta approvato?

 R. – Ci sono dei gravissimi problemi di merito perché – ripeto – la Costituzione impone di privilegiare la famiglia e invece questo disegno di legge annulla la preferenza per la famiglia: il caso delle pensioni di reversibilità è clamoroso. E se ne potrebbero citare tanti altri. Poi ci sono però dei gravissimi problemi anche di metodo, perché sostanzialmente quando in alcuni altri Paesi si sono introdotte queste normative, c’è stato un dibattito rigoroso in Parlamento. In Italia invece di fatto noi ci troviamo di fronte a una rivoluzione dell’ordinamento che avrà conseguenze sociali enormi, che volutamente non è stata portata all’esame del merito da parte del Parlamento, e questa è una cosa gravissima!

 D. – Gravissimo, lei dice, l’aver saltato l’esame della Commissione Giustizia del Senato e anche il ricorso al voto di fiducia da parte del governo …

 R. – Siamo di fronte a una rivoluzione delle regole procedurali relative all’approvazione di una legge, che poi sono – in parte – il sale della democrazia. Si pone la questione di fiducia su un maxi-emendamento che, sostanzialmente, restringe la possibilità di un dibattito vero in Parlamento su questa problematica, e questo sotto il profilo procedurale è molto grave. Ci sono dei precedenti della proposizione di un maxi-emendamento cui poi si accompagna la fiducia, però questa è la prima volta nella storia della Repubblica che avviene su un testo che un ramo del Parlamento non ha fatto proprio. Sostanzialmente, c’è un disegno di legge presentato da un senatore, che viene integralmente riscritto dal governo, ma il governo per esercitare l’iniziativa legislativa ha bisogno dell’autorizzazione del capo dello Stato. Invece, siamo di fronte a un’iniziativa legislativa del governo esercitata in contrasto con l’art. 87 senza che ci sia stato alcun controllo da parte del capo dello Stato.

 D. – Il capo dello Stato, però, potrà esprimersi una volta terminato l’iter …

 R. – Una volta terminato l’iter, prima della promulgazione, il capo dello Stato – prevede la Costituzione – ha il potere di rinviare, appunto, alle Camere le leggi che ritenga in contrasto con il testo costituzionale.








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