2016-02-27 14:06:00

Kosovo: Thaci neopresidente, impegno per integrazione in Ue


“Lavorerò per il bene di tutti e per costruire un Kosovo europeo”. Così il nuovo presidente, Hashim Thaci, nel suo primo discorso, dopo una convulsa elezione avvenuta ieri da parte del parlamento, mentre in piazza a Pristina l'opposizione si scontrava con la polizia. L’insediamento ufficiale è fissato per il 7 aprile. Thaci arriva alla presidenza al culmine di una parabola politica iniziata alla guida della guerriglia indipendentista albanese. Tra le sfide che lo aspettano la pacificazione con la comunità serba e il percorso di integrazione con l’Ue. Marco Guerra ha intervistato Francesco Martino, dell’Osservatorio Balcani e Caucaso:

R. – Hashim Thaçi è una delle personalità politiche più note in Kosovo, ed è l’uomo che ha guidato il Paese in molti dei passaggi chiave che hanno portato il Kosovo a diventare indipendente. Le sue radici sono nella lotta armata dell’Uck – l’Esercito di Liberazione del Kosovo – che combatté durante la guerra del 1999, che vide impegnate le forze guidate dagli Stati Uniti. Queste portarono prima a un’amministrazione internazionale del Kosovo, e poi alla Dichiarazione di indipendenza del 2008, pronunciata proprio da Hashim Thaçi che all’epoca era il primo ministro. Hashim Thaci poi da combattente si è trasformato in leader politico, e rappresenta – se vogliamo – l’ala vittoriosa del movimento d’indipendenza che ha sposato la linea della collaborazione con le istituzioni internazionali, viste come una “stampella” necessaria a porre le basi per la stabilità e la crescita del Paese.

D. – La presidenza guidata da Thaçi cosa significa per il Paese?

R. – Innanzitutto, ricordiamo che il Kosovo è una Repubblica parlamentare, quindi il presidente ha dei poteri soprattutto rappresentativi. L’elezione avrà conseguenze importanti innanzitutto per Thaçi, visto che sulla sua persona gravano ancora oggi delle accuse molto gravi. Queste dovrebbero essere viste da una Corte speciale che verrà creata quest’anno e che dovrebbe indagare sui presunti crimini commessi proprio dall’Uck. Quindi, probabilmente questa elezione mette Thaçi al riparo da eventuali inchieste. Dal punto di vista politico del Paese, questo è un passaggio che rafforza la linea di collaborazione con la comunità internazionale, che in questo momento è tesa soprattutto a cercare un accordo tra Kosovo e Serbia per normalizzare le relazioni tra i due Paesi e per incanalarli entrambi verso un futuro, più o meno prossimo, di integrazione sia europea che atlantica.

D. – L’elezione di Thaçi è stata molto contestata dall’opposizione: perché?

R. – Thaçi è visto da una parte dell’opposizione del Paese come il rappresentante massimo dell’élite politica che si è stabilizzata al potere. Il Kosovo soffre oggi di gravissimi problemi riguardo la disoccupazione, lo sviluppo sociale e la corruzione. Buona parte dell’opposizione ritiene Thaçi in prima persona come il responsabile politico di questo stato tutt’altro che soddisfacente, che oltre all’indipendenza politica ha portato ben pochi sviluppi positivi per i cittadini del Kosovo.

D. – Da mesi, l’opposizione blocca i lavori parlamentari in segno di protesta contro gli accordi conclusi con la Serbia sulla comunità serba in Kosovo…

R. – Io direi di inquadrare questa dinamica all’interno del processo di normalizzazione che è stato voluto soprattutto dall’Unione Europea, e dalla comunità internazionale nel suo complesso, e che appunto vede delle rinunce necessarie, dolorose, da entrambi i lati. Dal punto di vista kosovaro, la rinuncia più dolorosa è stata la contestata creazione di un’associazione di municipalità serbe, che dovrebbe garantire alla comunità serba rimasta oggi in Kosovo un’autonomia a livello locale piuttosto ampia. Il punto è estremamente delicato, e su questo è facile attaccare il governo.

D. – Il Kosovo resta un Paese legato agli Usa e proiettato verso l’integrazione europea. Quali sono le maggiori sfide per questo giovane Stato?

R. – La sfida principale è proprio la scarsa chiarezza di quello che potrebbe essere il percorso d’integrazione europea del Kosovo. Il Kosovo oggi rimane il Paese più lontano da una futura prospettiva d’integrazione. I kosovari sono gli unici cittadini balcanici che ancora oggi devono chiedere un visto per potersi recare nell’area Schengen, ad esempio. Questa vaghezza rende oggi molto difficile accettare i compromessi per un futuro d’integrazione europea, che rimane estremamente vago e legato anche alla volontà della Serbia di non frapporsi. Ricordiamo che la Serbia non ha mai riconosciuto l’indipendenza del Kosovo – lo considera ancora parte del proprio territorio – una posizione che tra l’altro a livello internazionale è sostenuta anche da Russia e Cina all’interno del Consiglio di sicurezza dell’Onu, ma, cosa ancora più grave per il Kosovo, da cinque Paesi dell’Ue. Quindi, questa è sicuramente la questione più complicata da risolvere.








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