2016-03-11 14:30:00

Comece: documento sulle cure palliative


Le cure palliative sono frutto “di grande umanità, manifestano la solidarietà della società con i suoi membri provati, la presa in carico della loro vulnerabilità e il riconoscimento della loro dignità”. Così si legge nel documento “Le cure palliative nell’Ue” che il gruppo di lavoro sull’etica nella ricerca e nella medicina della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) ha appena pubblicato. “In una società che invecchia e in cui un numero sempre maggiore di persone con malattie croniche necessitano di tali cure” – riferisce l’agenzia Sir - occorre che queste siano “attivamente supportate affinché possano svilupparsi ulteriormente e soddisfare le esigenze crescenti”.

Terapie di supporto ed accompagnamento nella sofferenza del malato
Le 30 pagine del documento ritracciano la genesi di questo ramo della medicina a partire dall’esperienza della dottoressa inglese Cicely Saunders che nel 1967 aprì il primo “hospice” per malati di tumore terminale. Riconosciute come “servizio essenziale per la popolazione” nel 2003, dal 2008 esse sono un servizio presente in tutti gli Stati membri dell’Ue, anche se a volte si tratta di “una manciata di iniziative ampiamente insufficienti in relazione alla popolazione”. Prendendo come riferimento l’articolata definizione di cure palliative fornita dall’Oms, inoltre, il documento della Comece sottolinea come oggi esse non siano “riducibili alle cure terminali”, ma vadano considerate “terapie di supporto” in cui, oltre ad alleviare il dolore fisico, si offre un “accompagnamento” per la sofferenza interiore ed esistenziale.

Prudenza nella sedazione in fase terminale e nell’uso di ansiolitici
Se nel contesto delle cure palliative, quindi, si fa ricorso alla “sedazione in fase terminale di una malattia” occorre vigilare che non si tratti “di pratiche sedative che non evitano solo le sofferenze, ma accelerano deliberatamente la morte, cosa che meriterebbe loro la qualifica di atti di eutanasia”, precisa il documento. Il testo prende in esame anche il tema dell’uso degli ansiolitici per “alleviare l’inquietudine e l’angoscia” invitando ad un “uso prudente e ragionato” di tali farmaci, “senza impedire che il paziente possa esprimersi e si possa restare in relazione con lui”.

Cure palliative non sono accanimento terapeutico
Ricordando, poi, che le cure palliative si distinguono dall’accanimento terapeutico e dall’eutanasia, la Comece sottolinea la necessità che “nella legislazione di ogni Stato membro dell’Ue sia inserito il diritto di accesso a tali cure”, con un’attenzione speciale “per i gruppi di persone particolarmente vulnerabili”. È necessario inoltre che gli Stati sviluppino istituzioni sufficienti ed adatte a tale scopo, curando  la formazione di personale che, oltre ad essere dotato di “competenze nel controllo del dolore”, riceva anche una formazione adeguata riguardo “ai bisogni sociali, emotivi, spirituali” dei malati. (A cura di Isabella Piro)








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