2016-03-11 13:34:00

Giappone. Cinque anni fa la tragedia di Fukushima


Con un minuto di silenzio alle 14.26 locali – l’ora in cui fu registrata la prima scossa – e diverse manifestazioni in tutto il Paese, il Giappone ha celebrato oggi il quinto anniversario dell’incidente nella centrale nucleare di Fukushima, causato da un fortissimo terremoto e da un devastante tsunami. Con oltre 18 mila vittime è considerato il disastro atomico più grave dopo Chernobyl. Roberta Barbi ne ha parlato con Romeo Orlandi, vicepresidente dell’Osservatorio Asia:

R. – Veramente, è una bomba a orologeria, quella che è stata innescata. Quello che a cinque anni di distanza possiamo rilevare è che il popolo, la nazione giapponese, ha dato segni di maturità, di compostezza, di capacità di sopportare il dolore e anche di ricostruzione e questo torna a merito del Giappone che non ha diffuso scene di panico, che ha dimostrato senso di solidarietà interna: è significativo. Meno riuscita sembra essere la ricerca delle responsabilità e anche, forse, la via d’uscita da questa situazione di impasse che il blocco del nucleare ha determinato per il Giappone: il Giappone è un Paese povero di risorse energetiche, come sappiamo, ed è costretto a importare energia – soprattutto petrolio – e cercava di alleviare questa dipendenza dall’estero attraverso l’energia nucleare.

D. – Lo smantellamento dell’impianto di Fukushima prosegue senza sosta, ma l’opinione pubblica è divisa e c’è il governo di Abe deciso a un riavvio del programma nucleare, pur nel rispetto di standard di sicurezza più elevati…

R. – Il Giappone è famoso per la qualità dei suoi prodotti, per la sicurezza, per gli standard, però questo quadro è stato drammaticamente smentito dall’incidente di Fukushima: sembra che la qualità della sicurezza ci sia fino a quando non venga smentita dai fatti. Il governo, dopo lo shock, dopo l’emozione dell’incidente, ha dato dimostrazione di voler riconsiderare il bando. Effettivamente, ci sono problemi effettivi: il Giappone ha bisogno di energia, è una potenza economica straordinaria – è il terzo Pil al mondo – e quindi deve energizzare le proprie fabbriche, deve scaldare le proprie case, deve far marciare le proprie automobili. Quindi, una riconsiderazione del primo ministro sull’energia nucleare, magari ponendo l’attenzione su maggiori standard di sicurezza, non mi sorprende insomma. Era forse nell’ordine delle cose, una volta passata l’emozione.

D. – C’è poi l’aspetto umanitario: si calcola che 57 mila persone vivano ancora in strutture prefabbricate…

R. – Esistono dei nodi strutturali, uno dei quali è anche la disciplina della popolazione che non dà luogo a manifestazioni di ribellione. C’è una disciplina di fondo, un’obbedienza anche di stampo socioreligioso, che fa sì che questi problemi vengano demandati al governo che però non sempre è in grado di risolverli, e 57 mila persone che vivono ancora in alloggi di fortuna è una cosa che stride con l’immagine altamente tecnologica e innovativa del Giappone.








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