2016-03-17 16:55:00

Giubileo, il “coraggio” della misericordia


Nessuna svolta ‘buonista’

“La ‘misericordia’ fa paura. Nella tradizione ebraica, anche a livello semantico, nell’albero delle manifestazioni divine è congiunta con la ‘forza’.  In realtà, per essere misericordiosi ci vuole molto coraggio e rigore e Papa Francesco non sta chiedendo alla Chiesa una svolta buonista ma, come già diceva Giovanni XXIII aprendo il Concilio, un ritorno al cuore del Vangelo. E al cuore del Vangelo c’è il cuore, che deve essere capace di relazionarsi con gli altri cuori”. Ad affermarlo è fratel MichaelDavide Semeraro, monaco benedettino della Koiononia della Visitation a Rhêmes-Notre-Dame (Valle d’Aosta), che prende spunto dagli ultimi giorni della Quaresima - di cui ha parlato nel libro ‘La Quaresima, un’occasione da non perdere’ (San Paolo) - per una riflessione a tutto campo sull’Anno Santo e il terzo anniversario del Pontificato.

L’amore ‘preveniente’

“La novità del Vangelo di Gesù Cristo sta proprio in questo: prima ti perdono, prima ti accolgo. Ed è proprio l’accoglienza che ti permetterà poi di effettuare un cammino di conversione”, spiega il religioso. “Nessuno può convertirsi se non sente un amore ‘preveniente’ e Papa Francesco ci fa recuperare il nocciolo incandescente del Vangelo, il volto misericordioso del Padre che Gesù ci ha rivelato. Dio fa sempre il primo e l’ultimo passo e noi come discepoli dobbiamo imitarlo: sapendo che solo questo permetterà all’altro di fare il suo primo passo”.

Inventare, non solo riformare

“La grande sfida a cui ci chiama Papa Francesco è quella di renderci conto che il mondo in cui viviamo è l’unico mondo a cui dobbiamo e vogliamo annunciare Gesù Cristo come Salvatore”, continua fratel MichaelDavide. “Dobbiamo quindi trovare i linguaggi, i segni, le modalità, adeguati a dire Cristo nel mondo in cui viviamo. Siamo chiamati non tanto a ‘riformare’ – termine che suggerisce un ritorno al passato – ma ad ‘inventare’, con creatività, sotto la guida dello Spirito, uno stile che sia esprimibile, da parte della Chiesa e comprensibile dal mondo cui la Chiesa si rivolge”.

Compito della Chiesa non è controllare

“E’ molto più che una riforma: è la sfida, per la Chiesa e ciascun credente, di vivere serenamente nel mondo in cui viviamo, senza nostalgia di noi stessi, sentendo come unico grande dovere quello di inventare il linguaggio giusto per comunicare che Dio è amore e cammina accanto a ogni uomo e a ogni donna”. “Certo, qualcuno è un po’ spaventato da questo”, commenta fratel MichaelDavide. “Perché è un atteggiamento che fa venire meno quel ‘controllo delle coscienze’ a cui la Chiesa molte volte si è abituata. Ma credo che la missione della Chiesa non sia controllare, frenare, quanto piuttosto aprire nuove strade”. 

 








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